Stefano Sollima. Che gli puoi dire a uno così? Uno che s’è fatto anni di gavetta televisiva in Italia e all’estero, che ha frequentato generi differenti senza mai perdere un colpo, e che infine ha trovato la propria meritata consacrazione nelle riuscitissime trasposizioni televisive di Romanzo Criminale e Gomorra? Niente; o, forse, che almeno un film decente avrebbe potuto tirarlo fuori, invece di questa pappardella stracotta che è Suburra.

Intendiamoci: l’opera c’è, gli oliati meccanismi di genere pure, gli attori sono impiegati in maniera intelligente e misurata, e il gusto per l’inquadratura ben composta non viene mai meno, per altro senza che questo vada ad appesantire la struttura visiva del tutto. Il problema è che di questo tutto non ce n’è abbastanza, o non abbastanza per riempire in maniera interessante e degna le oltre due ore di film che Sollima (con Petraglia e Rulli alla sceneggiatura) ci propina. Infatti la prima ora scorre lentissima, con la presentazione di varie situazioni fra le quali la pellicola sembra saltare in maniera del tutto arbitraria, o con parallelismi appena appena abbozzati, e interminabili primi piani che dovrebbero conferire pregnanza alle poche frasi smozzicate dai personaggi, ma che sfondano in un registro che ha dell’auto-parodico; un’ora di film che si potrebbe tranquillamente riassumere nella locuzione: “Uomini nudi che guardano Roma sotto la pioggia”. Dopo una splendida fiammata centrale (la sparatoria nel supermercato), il film torna all’ordine, indugiando oltremodo su azioni inutili, su pause che vorrebbero conferire enfaticità al mondo spoglio e barbaro dei protagonisti, ma che si realizza in una prosopopea di dettagli che restano spunti ben confezionati, senza mai andare a costituire dei veri e propri archi narrativi compiuti. Tempi dilatatissimi non giustificati dalla narrazione, la quale vorrebbe dare un senso di precipizio – invero mai avvertito – verso una più volte citata apocalisse che si risolve con la solita, squinternata mossa delle pedine impazzite che eliminano i pezzi grossi in un momento di follia imprevista.

Si ha insomma la netta sensazione che il film non sia altro che uno spottone, sparato e sbrilluccicante, della serie tv prossima ventura, un trailer stiracchiato di quello che sarà il presumibilmente più ricco, complesso e ricamato carniere messo a disposizione dalla decina di puntate da un’ora ciascuna prodotte da Netflix e previste per il prossimo anno.
Un ultimo appunto: gli M83. Che son bravi e stanno bene su tutto, e che però, dopo due ore di nenie ininterrotte, di sintetizzatori che partono a coprire ogni minimo respiro, anche basta.

Gualtiero B.Davide V.Edoardo P.Eugenio D.Giacomo B.Giusy P.Michele B.
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