A quasi un decennio dal dittico sul secondo conflitto mondiale, Clint Eastwood torna a parlare di guerra in American Sniper, film che narra la vicenda di Chris Kyle (interpretato da Bradley Cooper), il cecchino passato alle cronache per il maggior numero di uccisioni nella storia militare statunitense, messe in atto in sei anni di servizio in Iraq nel corpo dei Navy Seal. Come nelle opere migliori del regista, anche qui la cifra stilistica è quella della classicità, intesa come sobrietà espressiva e assenza di qualsiasi vezzo autoriale fine a se stesso, per concentrarsi del tutto sulla storia e sui sentimenti del protagonista.

Il ritratto che emerge dal film è quello di un uomo convinto di doversi accollare sulle sue robuste spalle di texano la responsabilità di proteggere il proprio Paese eliminando altre persone, ma senza alcun compiacimento sadico: ogni volta che deve uccidere, il cecchino soffre – è una cosa grossa fermare un cuore che batte! – ma non si tira indietro, anche se si tratta di donne o ragazzini, perché altri non muoiano o non debbano uccidere al suo posto; dovrà essere “non un lupo, non una pecora, ma un cane pastore”. Chris incarna il rinnovato orgoglio patriottico di una nazione profondamente sconvolta dall’11 settembre, ma non c’è mai esaltazione nelle sue azioni eroiche, mai gioia nelle sue numerose vittorie. A differenza de Il cacciatore, tuttavia, Kyle è disposto a imbracciare il fucile anche a guerra finita.

Eastwood dimostra come sempre grande lucidità di sguardo, sia nelle scene di battaglia che in quelle del congedo, trasmettendo perfettamente il senso di smarrimento lontano dalla prima linea di un uomo votato alla guerra, che ha scelto di sacrificare se stesso e i propri affetti familiari in favore della patria, ed evitando sia la propaganda ottusa che la denuncia sbrigativa. Neanche nel tripudio finale di bandiere a stelle e strisce c’è soltanto retorica, quanto rispetto nei confronti di un uomo non perfetto, ma di forti principi morali, disposto a seguire fino in fondo il destino per una personale concezione di altruismo e senza alcuna certezza di tornare indietro. Un’epica antieroica che richiama quella di molti personaggi della filmografia eastwoodiana, da Il cavaliere pallido al vecchio reduce di Gran Torino; ma anche, per l’ossessione della sfida al cecchino nemico, molte figure del western (specialmente i protagonisti del cinema di Sam Peckinpah), genere al quale il regista rende tributo con l’utilizzo del tema de Il ritorno di Ringo di Ennio Morricone nei titoli di coda.

Determinante il contributo di una coppia di attori bravi e affiatati, in grado di dare vita a duetti di grande sensibilità recitativa: un Bradley Cooper impressionante come aderenza fisica e caratteriale al vero Kyle, e ormai completamente a suo agio come interprete drammatico, e una Sienna Miller deliziosa in un ruolo che la valorizza al di là dell’innegabile sensualità, quello della moglie capace di attendere fino in fondo il ritorno a casa, non solo fisico ma anche mentale, dell’uomo che ama.

Davide V.Antonio M.Edoardo P.Eugenio D.Giusy P.
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