Presentato Fuori Concorso al Festival di Cannes nel 2010, Carlos è una miniserie televisiva in tre puntate diretta dal regista francese Olivier Assayas. Racconta la vita del terrorista venezuelano Ilich Ramírez Sánchez, detto Carlos, coprendo un arco temporale che va dal 1973 al 1994. Carlos rappresenta probabilmente il progetto più ambizioso mai portato a termine da Assayas.

Sul piano formale il film è ineccepibile. La ricostruzione d’epoca è molto curata sotto ogni aspetto, dai costumi alle scenografie. Queste ultime, pur nella estrema varietà delle ambientazioni, risultano sempre estremamente verosimili, ben supportate da un uso limitato ma sempre opportuno di filmati d’epoca dal forte impatto emotivo. La sceneggiatura ricostruisce i fatti nel modo più accurato possibile, pur tenendo conto delle zone d’ombra che caratterizzano il percorso criminale di Carlos.

Assayas adotta una struttura cronologica lineare limitando i salti temporali più significativi al terzo e ultimo episodio, che fu l’unico ad essere girato in sequenza. La struttura del film si basa su alcune macro sequenze davvero ben realizzate (l’uccisione dei tre poliziotti a Parigi, l’attentato all’OPEC, la festa per il compleanno di Carlos), nelle quali l’asciuttezza della messa in scena si sposa alla perfezione con una rappresentazione secca e anti-spettacolare della violenza.

Evidente è l’onestà intellettuale che sorregge il progetto: Assayas sta alla larga dallo sterile dibattito che ha caratterizzato altre produzioni analoghe e relativo ad una eventuale mitizzazione di un personaggio negativo. Certo il regista non rinuncia a mostrare il carisma del suo protagonista, il fascino che ha esercitato sui compagni e sulle molte donne che ha avuto nella vita, ma allo stesso tempo ne sottolinea le vistose contraddizioni del comportamento e la violenza del carattere.

L’unica nota parzialmente negativa risiede nella direzione degli attori. Può sembrare paradossale se detto di un autore che ha realizzato dei veri e propri omaggi alla recitazione (Une heure d’été su tutti), eppure l’impressione è che a volte Assayas abbia difficoltà a trasmettere la giusta empatia nei confronti dei suoi personaggi. Il rischio è che si crei una distanza eccessiva tra questi ultimi e il pubblico, distanza che a volte diventa contrapposizione e che può sfociare nella spiacevole sensazione che l’idea del regista su un determinato personaggio non corrisponda a quella che lo spettatore elabora durante la visione. È un elemento di ambiguità che emerge anche in altre sue opere, per esempio Après mai.

Si tratta di un dettaglio in un film che resta una pietra miliare nella storia delle miniserie TV, anche grazie alle grandi interpretazioni degli attori, su tutte quella del protagonista, l’attore venezuelano Édgar Ramírez.

Michele B.
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