Assayas in 4. Fin août, début septembre: la recensione
Una storia sentimentale semplice ma ricca di sfumature suddivisa in sei capitoli, un quartetto di personaggi principali piuttosto ordinari, intorno alla trentina, un’ambientazione fatta di luoghi della quotidianità (una camera da letto, un ufficio, un bar, un treno…), uno stile registico aderente al vero, che privilegia la luce naturale e prevede un ampio uso della camera a spalla: attorno a questi elementi è costruito Fin août, début septembre, il film che nel 1999 confermò Assayas come uno dei cineasti più interessanti in circolazione.
Come già in altre sue opere, anche qui non è tanto la trama a interessare il regista francese, quanto la caratterizzazione psicologica dei suoi personaggi, l’inesausto, incessante plasmarsi e scompaginarsi delle identità nel vortice di idilli e strappi, aspirazioni e delusioni, prese di coscienza e smarrimenti della vita amorosa e sociale (e l’uso frequente della camera a mano, unito ai numerosi primi piani, è funzionale a comunicare il senso di costante precarietà interiore dei protagonisti della vicenda).
L’intreccio, come il titolo stesso suggerisce, si svolge in un arco temporale di poco superiore a un anno e si muove su due assi principali. Il primo è costituito dall’instabile situazione sentimentale di Gabriel (Mathieu Amalric), giovane editor presso una casa editrice, diviso tra una relazione finita ma le cui braci stentano a spegnersi e una relazione cominciata da poco ma piena di incertezze. Da un lato la dolcezza e l’affidabilità della sua ex, Jenny (Jeanne Balibar), dall’altro l’imprevedibilità e l’anticonformismo della sua nuova compagna, Anne (Virginie Ledoyen). Il secondo asse è costituito dalla malattia terminale del miglior amico di Gabriel, Adrien (François Cluzet), uno scrittore in crisi creativa. Malattia che si rifletterà, più o meno direttamente, anche sulle esistenze di Gabriel, Jenny e Anne, portandoli a una nuova e più profonda consapevolezza di se stessi e del proprio rapporto con gli altri. La morte di Adrien segnerà poi il loro definitivo passaggio dalla tarda giovinezza alla prima maturità (e il titolo, naturalmente, può essere letto anche in questa chiave metaforica).
Sostenuto da eccellenti prove attoriali, Fin aôut, début septembre è un’elegante sinfonia dei sentimenti e un’intima riflessione sullo scorrere del tempo. Un’opera dai toni spesso lirici, sospesa tra malinconia e ottimismo, che avanza in modo ellittico (i sei capitoli sono separati da cesure temporali), lasciando molto di ciò che accade all’immaginazione dello spettatore. È anche grazie a questo lavoro di sottrazione che Assayas riesce sempre a mantenere il pieno controllo sulla propria materia e a consegnarci così un film denso e cristallino.
Thomas M. | ||
8 |
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