A pensarci bene i protagonisti di Philomena, interpretati dagli straordinari Judi Dench e Steve Coogan, rappresentano un dualismo culturale e cinematografico che Frears unisce in sinergia narrativa. Da una parte abbiamo lo scontro-incontro fra due realtà differenti, la popolare Philomena e l’erudito Martin Sixsmith, dall’altra, l’unione fra cinema d’essai e mainstream.

La sceneggiatura di Coogan e Jeff Pope è in parte narrazione da best seller – storia vera di una donna alla ricerca del proprio figlio, raccontata nel romanzo The lost child of Philomena Lee – in parte virtuosismo di scrittura sottile e sofisticato. Questo equilibrio narrativo porta a un ricco confronto fra due visioni diverse di interpretare la vita: Philomena è abituata a seguire rituali comuni, mentre Martin, da buon giornalista, mette ogni cosa in discussione (come il botta e risposta sull’esistenza di Dio). Un dialogo che Coogan porta avanti con grande rispetto dei personaggi, e indirettamente anche degli spettatori, in un costruttivo scambio reciproco fra pari, con opinioni diverse, che si aiutano e si arricchiscono a vicenda.

Anche la regia di Stephen Frears si divide in soluzioni stilistiche dall’emozione sicura (il video del figlio) e inquadrature sottili (gli espressivi primi piani sui volti di Dench e Coogan), in una pellicola che unisce insieme lacrimoni mélo e brillante cinismo. Philomena è un ottimo esempio di come un film possa unire gusti e linguaggi cinematografici diversi, con intelligenza e onestà intelletuale.

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Alice C.Chiara C.Davide V.Thomas M.
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