CinemadiGiacomo Brotto,31 gennaio 2013
Ivan Silvestrini racconta Come non detto
In occasione dell’uscita in DVD di Come non detto, ecco il coming out di Ivan Silvestrini.
Il regista di Stuck, che salutiamo (ciao!), racconta in esclusiva la sua opera prima, le sfide produttive e le differenze tra mainstream e web.
Svelando anche il suo rimedio per perdersi.
QUI e QUI le recensioni di Come non detto e Stuck.
Grazie Ivan!
GB: Come non detto è un film onesto: ritrae il coming out con leggerezza e senza stereotipi. Raccontaci del lavoro svolto con lo sceneggiatore, Roberto Proia.
IS: Roberto ha scritto la sceneggiatura, io ho collaborato a una revisione con delle suggestioni che valorizzassero al massimo gli aspetti emotivi (specialmente nel finale) e qualche passaggio strutturale. Ho comunque avuto una libertà di improvvisazione sufficiente a reinventare ed espandere alcuni passaggi a cui tenevo molto, o che semplicemente si prestavano a lasciar andare un po’ gli attori, trattandosi di me non credo che “a briglia sciolta” sia il termine giusto, ma insomma, c’è stato un naturale margine di rilettura sul set, così come al montaggio.
GB: “Forse stai perdendo le proporzioni della cosa?”, chiede Stefania a Mattia. Domanda che andrebbe posta a molti produttori e sceneggiatori, fermi alla rappresentazione del gay-macchietta o all’omosessuale sofferente. Secondo te perché il cinema fa ancora fatica a raccontare la naturalezza dell’omosessualità?
IS: Mah, immagino che sia perché la si vede dall’esterno, senza una reale empatia o immedesimazione. In Come non detto la mia sfida principale era far immedesimare chiunque in Mattia, quindi abbiamo cercato un equilibrio di naturalezza nel suo essere gay. Qualsiasi spettatore si può rivedere nella sua paura di non essere accettato per quello che è, senza sentire il nostro eroe un “alieno”.
GB: Come non detto è la tua opera prima. L’industria cinematografica nostrana è spesso restia a scommettere su registi esordienti e filoni di genere. È stato difficile trovare un produttore interessato al film?
IS: Non è stato facile arrivare alle riprese di Come non detto, ci sono voluti circa 3 anni. Il Ministero ci ha finanziato, ma solo in parte. Trovare un produttore che potesse investire il resto del budget ha richiesto tempo e dedizione. Roberto Proia si è speso massimamente per coinvolgere la Moviemax, e per fortuna ce l’ha fatta.
GB: Il web è invece meno legato a vincoli produttivi e censure. Raccontaci le differenze tra la realizzazione di Come non detto e la web series, Stuck.
IS: In Come non detto ero “solo” il regista, dovevo interpretare una storia, inserito in un meccanismo produttivo rodato e di cui non avevo il controllo assoluto, le mie libertà erano limitate perché avevo una committenza che si aspettava un risultato e non ero in cima alla gerarchia decisionale. Certo, questa normale ripartizione del potere mi ha portato enormi benefici, una troupe fantastica, i mezzi necessari a raccontare la storia come volevo senza troppe limitazioni, nonostante la velocità che contraddistingue le opere prime. In Stuck, essendo sceneggiatore, regista, coproduttore e cameraman avevo un controllo molto più viscerale sulla creazione del prodotto, avevo una troupe stupenda anche lì, ma lavoravamo con budget ridotti all’osso, tutto consisteva del “fare di necessità virtù”. Sono state esperienze esaltanti entrambe, per motivi diversi, ma in ogni caso stavo raccontando delle storie in cui credevo, e questo ha reso tutto bellissimo.
GB: Che consiglio daresti a un artista che sogna di trasformare un’idea in frame?
IS: Il consiglio che darei oggi è di fare una web series per imporsi come autori o dimostrare le proprie capacità. Io penso che le occasioni non vadano aspettate e nemmeno ricercate, ma costruite.
GB: Un’ultima domanda di rito su Cinema Errante, un coming out in esclusiva per i nostri lettori: qual è il tuo rimedio per perderti?
IS: Perdermi? Io? Ahahah, sono il peggior esperto in materia che poteste trovare! La mia condanna è l’estrema lucidità e razionalità con cui conduco la mia vita, un equilibrio davvero faticoso da sostenere, ma dal quale, un po’ per responsabilità un po’ per paura, non credo di essermi davvero mai distaccato significativamente, non da quando ho 20 anni almeno, e quanto a prima… non ho proprio lezioni per nessuno!
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