TFF 2012 – 28 Hotel Rooms: la recensione
28 Hotel Rooms di Matt Ross. L’amore è un tema onnipresente, visto e rivisto da mille angolazioni, che fa inevitabilmente capolino anche in storie che d’amore non sono. L’indagine sull’essenza e sul senso di questo sentimento da parte di sceneggiatori e registi è continua, e da sempre si svolge lungo un sentiero affacciato sul burrone della banalità, così come il romanticismo è pericolosamente vicino al sentimentalismo sdolcinato.
Tra gli innumrevoli film d’amore, merita un accenno 28 Hotel Rooms, esordio alla regia di Matt Ross (Good night and good luck, Abbasso l’amore), presentato alla 30a edizione del Torino Film Festival nella sezione ‘Festa Mobile’.
Uno scrittore (Chris Messina) ed una analista economica (Marin Ireland), entrambi spesso in viaggio per lavoro, si incontrano una sera nel ristorante di un albergo: lui inizia i riti del corteggiamento, lei pone una debole e per nulla convinta resistenza, e alla fine finiscono a letto. Quello che doveva essere un rapporto randagio lungo come una notte trascorsa all’Holiday Inn si trasforma in una storia d’amore parallela a quelle che i due ufficialmente hanno (sposata lei, fidanzato lui). Pian piano cresce un sentimento reciproco che supera subito i limiti dell’attrazione fisica: i due si amano, e gradualmente vivono anche le difficoltà e le incomprensioni tipiche di un rapporto serio e sentito, ingigantite e moltiplicate dal fatto che la loro è una storia parallela alla vita ufficiale.
I due si incontrano appena possono, sempre tra le mura di una stanza d’albergo o di una hall: le 28 stanze del titolo sono infatti i luoghi in cui si svolge e si sviluppa la loro storia, e che pure dividono il film in capitoli. Stanze eleganti e spaziose e pensioni senza pretese, davanti o al muro del palazzo di fronte o allo skyline di New York: tra queste mura fanno l’amore, si raccontano, si confidano, scoprono le loro diversità, si scontrano, ma soprattutto cercano di raggiungere il miraggio di una vita insieme che entrambi desiderano, ma che entrambi sanno di non potere raggiungere.
Matt Ross racconta questa storia d’amore carnale e platonico con pudore e senza concessioni agli eccessi, stilistici e narrativi, evitando il rischio della retorica e del moralismo, e rimanendo lontano dal voyeurismo: l’amore tra i due è raccontato con il tono amaro giusto per un sentimento allo stesso tempo felice e impossibile, utopico e vissuto fino in fondo. Un’atmosfera più vivace per i momenti di maggiore felicità e intesa, e più sommessa per quelli di scontro e lontananza.
A seconda della situazione, si alternano lunghi dialoghi e momenti in cui dominano silenzi e sguardi incrociati accompagnati dalla scoppio della colonna sonora. Le musiche non sono l’unico mezzo subordinato allo saliscendi della storia d’amore: allo stesso modo la fotografia, a seconda dei casi più lucente o più smorta, l’uso dei primi piani e le posizioni dei due nella stanza che sottolineano i rapporti di forza nel dato momento e l’utilizzo degli ambienti, ‘non luoghi’ simili a quelli scelti da Reiner in Oltre le nuvole.
28 Hotel Rooms non ha molte pretese: vuole essere un ‘piccolo’ film che descrive e trasmette la tenerezza e la malinconia di un amore randagio e impossibile che concede felicità e gioia solo a piccole e rare dosi, riuscendoci, pur con qualche momento prolisso, benissimo ed emozionando lo spettatore, partecipe dei sentimenti dei due protagonisti.
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