Shari Springer e Robert Pulcini, già registi di American Splendor, portano al Torino Film Festival Imogene, presentato nella sezione Festa Mobile.

Imogene (Kristen Wiig) conserva il sogno di diventare drammaturga e intanto tiene molto al suo status di donna in carriera con fidanzato attraente e conoscenze altolocate nell’upper class newyorchese. Ma carriera e fidanzato sono ben più volatili di quello che pensa: quando viene lasciata e licenziata, i suoi sotterfugi disperati per riprendersi l’uomo riescono solo a farle diagnosticare una temporanea instabilità mentale, con conseguente ricovero coatto a casa dell’appariscente mamma (Annette Bening) nel New Jersey, luogo che Imogene ha sempre tentato con tutte le sue forze di eliminare dalla sua vita.

Dopo Le amiche della sposa, Kristen Wiig si presta nuovamente a districarsi tra le aspettative alimentate dall’immagine cine-televisiva della donna single, senza figli e non più giovanissima. Si ironizza infatti anche su quella New York che tanto cinema e soprattutto tante serie tv hanno eletto a obbligatorio paradiso per trentenni “arrivati”, qui rappresentati come élite di raccomandati incapaci di lavorare. Non che Imogene si opponga con chissà quale etica a questo stato di cose: lo smacco, però, serve ad aprirle gli occhi sulla pochezza di ciò che la circonda, soprattutto in termini di relazioni umane basate sul nulla.

Tornando a casa nella sua famiglia, composta da una madre imbarazzante, un fratello che si identifica con i granchi e un quasi-patrigno sedicente agente della CIA dal nome ambiguamente comico (un meraviglioso Matt Dillon), a cui si aggiunge un attraente inquilino che vive nella sua stanza, Imogene non arriva certo a rivalutare la città d’origine in nome di una presunta purezza, ma finisce per dare più valore a se stessa e alle proprie capacità, libera da ricatti sociali e dall’aderenza a un’immagine da copertina che non le appartiene: in questo senso l’espediente di costringerla in abiti fuori moda di vent’anni abbatte il motivo del sobrio buon gusto newyorchese, richiamando tuttavia certi outfit discutibili che Carrie Bradshaw ci ha sottoposto nel corso degli anni.

Il motore narrativo della ricerca del padre è di poco interesse, ma la magione materna diventa teatro di sequenze spassose che riescono a coinvolgere tutto, dalle invenzioni protettive di Ralph (Christopher Fiztgerald) alla performance autoironica di Darren Criss, fino al carico di comicità che Matt Dillon trasmette con la sua sola presenza in scena.

Alla sceneggiatura un po’ sgangherata, il film risponde divertendo dove deve e piazzando un paio di riflessioni più acute di quello che sembra: insomma, Imogene mantiene quello che promette, e non è poco.

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Edoardo P.
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