Un Amleto di meno di Carmelo Bene viene girato nel 1972 e presentato al Festival di Cannes l’anno successivo. I principali attori che accompagnano Bene in questa pellicola sono: Lydia Mancinelli, Alfiero Vincenti, Luigi Mezzanotte, Franco Leo, Pippo Tuminelli, Sergio Di Giulio, Isabella Russo e Luciana Cante. Questo film si inserisce in una numerosa serie di lavori che CB realizzò sull’Amleto, con produzioni che spaziano tra teatro, televisione, radio, registrazioni audio e, appunto, cinema. Lo stesso artista si definiva proprio per questa specifica prolificità un “Amleto del novecento”.

La sceneggiatura di Un Amleto di meno è composta da Bene stesso partendo dallo studio e dalla ripresa di diversi testi: l’Amleto di Shakespeare, Amleto, o le conseguenza della pietà filiale e Lamento dello sposo oltraggiato di Jules Laforgue, e infine una piccola parte della poesia di Gozzano intitolata La signorina Felicita ovvero la Felicità. Il soggetto non è la messa in scena dell’Amleto ma piuttosto la realizzazione di un saggio su questo personaggio. Questo modo di lavorare si spiega meglio facendo attenzione a un punto fondamentale in Laforgue, che Bene fa visceralmente suo: il principe di Danimarca è un artista, e per di più attore, che non riesce ad agire e a compiere ciò che gli è chiesto dalla storia; allo stesso modo nella poetica di Bene l’attore deve sempre lavorare sulla sospensione dell’agire e restare nell’impossibile per non cadere nella rappresentazione. Il titolo, allora, con questo di meno, sottolinea la non volontà di creare una nuova icona di Amleto, andando piuttosto a istituire un processo di scarnificazione e sottrazione sull’orlo dell’agire. Inoltre proprio parlando dei suoi Amleti in Opere con l’Autografia d’un ritratto, l’artista salentino definisce l’operetta del principe artistoide il refrain delle vite che ha vissuto.

La complessità di questo testo non mette di certo in secondo piano il montaggio e le immagini. Fra le più interessanti fra queste si va dalle onde del mare iniziali a uno spazio completamente bianco popolato dagli altri personaggi che sfoggiano costumi, pensati dallo stesso regista, davvero incredibili nei volumi e nei colori; molto interessanti poi dei troni che giochi di inquadrature fanno sembrare le gonne di alcuni personaggi femminili, finché sapienti movimenti della macchina da presa rivelano che in realtà le attrici sono nude dal bacino in giù, e che noi spettatori siamo stati vittime della fuga prospettica. Non manca certo la biblioteca colma di enormi pile di libri e, sicuramente, non si può non nominare il cimitero sulle rive del mare. Il montaggio è spesso serrato, donando al tutto un effetto disorientante e frastornato: alcune immagini procedono l’una di seguito all’altra senza raccordi, con zoom velocissimo, oppure passando dall’estremamente vicino al molto lontano con un unico stacco; ma anche cambi di punto di vista e di luogo si sussegono inesauribili, avendo come effetto la completa distruzione della storia amletica.

Non può mancare una considerazione finale sulla figura di Polonio, a cui è affidata una spassosa, quanto estremamente morbosa, parodia della lettura freudiana di Amleto.

Lasciamoci quindi cullare dalle onde del mare di questo Amleto di meno, fino alla prossimo appuntamento mensile che vedrà protagonista ciò che resta del principe di Danimarca in Hommelette for Hamlet.

Scritto da Anna Silvestrini.

Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.