La Salomè di Carmelo Bene nasce prima in teatro nel 1964, poi nel 1972 viene alla luce il film di cui parleremo qui, e infine nel 1975 ne viene realizzata anche una versione radiofonica. La pellicola è presentata al Festival di Venezia nello stesso anno della sua realizzazione, destando nella critica reazioni o di odio estremo o di massimo amore. Per quanto riguarda gli incassi, invece, anche per questa produzione beniana, così come per tutti gli altri film dell’artista, si conferma il fiasco al botteghino.

Regia e sceneggiatura sono a cura di Bene sui testi La santa cortigiana (conosciuto anche come La donna coperta di gioielli) e Salomè di Oscar Wilde. Tra gli interpreti principali, oltre al regista troviamo Lydia Mancinelli, Alfiero Vincenti, Veruschka, Donyale Luna, Franco Leo, Giovanni Davoli e Piero Vida. Vale la pena sottolineare che i costumi e le scenografie sono ad opera di Gino Marotta, il quale sceglie materiali adatti a effetti di colore e luce molto intensi che permettono di dare un volto unico a quest’opera, nella quale si possono infatti rinvenire smalti su plexiglas, tinture al fluoro e il sapiente utilizzo di un materiale rifrangente come lo scotch-lite. In effetti Salomè si distingue soprattutto per essere un tripudio di lucicchii e bagliori: la ricchezza cromatica dell’opera è impareggiabile, e nella pellicola si possono trovare molte scene con effetti di luce solarizzata oppure, nelle scene più buie, elementi scenici che luccicano o dai colori sgargianti. Alcuni esempi di questi effetti di luce e colore sono il viso di Myrrhina (interpretata da Veruschka) con il volto coperto di gocce di vetro colorate, e la presenza di immagini riflesse su specchi. Alcuni elementi che si vestono invece di colori pop sono le palme e la riproduzione dell’Ultima Cena, in particolare negli abiti degli apostoli. Un esempio invece di solarizzazione fortissima delle immagini si ha nella danza dei sette veli di Salomè verso la fine del film, che conduce a una smaterializzazione totale dell’immagine nella quale può rimanere indenne solo la voce.

Non delude nemmeno in questo film il montaggio e la scelta delle inquadrature. Nelle scene che vedono protagonista la già citata Ultima Cena di Cristo con gli apostoli, il montaggio diventa serratissimo, con pochi riferimenti al campo totale, tutto incentrato su di un bombardamento di particolari, primi e primissimi piani conditi con colori molto forti stagliantisi su di una luce di sfondo tetra. Sicuramente da segnalare è la contaminazione col mondo dell’animazione nella sequenza dove un cammello, che nella pancia ha una sacca colma d’oro, salta all’interno di una cruna di un ago e alla fine strizza l’occhio in camera, una scena magistralmente inserita nei titoli di testa e intelligentemente ripresa all’interno del film.

Infine il playback vocale è uno dei protagonisti di questa pellicola e non stupisce affatto che dopo pochi anni sia seguita una versione solo radiofonica della Salomè. A questo punto non resta che farsi sedurre dalla danza inebriante di questa principessa, nell’attesa del prossimo appuntamento della nostra retrospettiva mensile dedicata a Carmelo Bene, e che sarà dedicato a Un Amleto di meno.

Scritto da Anna Silvestrini.

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Giacomo B.Giusy P.
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