François Truffaut, il 6 febbraio 2012 avrebbe compiuto ottant’anni. Provare a raccontare in poche battute cosa ha rappresentato per il cinema, per la cultura, per l’arte il regista nato a Parigi il 6 febbraio 1932 sarebbe probabilmente un tentativo al tempo stesso inutile e irrispettoso. Elencare le sue opere, dal delicato I 400 colpi al cinefilo Finalmente domenica, raccontare la grande esperienza de la nouvelle vague, descrivere la straordinaria lezione di cinema lasciata ai posteri, risulterebbe un vano esercizio di stile.

L’omaggio più forte, più incisivo può essere allora cercare di rievocare la passione, profonda e irrazionale, che François Truffaut era in grado di restituire al suo pubblico. La passione, in primis, proprio per il cinema, che lo stesso regista incarna, nell’autobiografico ruolo di Ferrand, autore di Je vous presente Pamela, in Effetto notte. Negli occhi del maestro, nella frenesia del suo lavoro, nel suo entusiasmo rivive in scena l’estro e la forza di tutto il suo cinema, in grado di superare la fredda razionalità e arrivare diretto al cuore, all’anima.

Un cinema appunto di passione. Come il pathos che accompagna tutta la vita di Antoine Doinel, dalla prima, indimenticabile corsa fino al mare all’amore “indiretto e romanzesco”, per citare lo stesso regista, per una foto (L’amore fugge). Irrazionale eppure credibile, possente e al tempo stesso debole, così è l’amore, così è il cinema di Truffaut, maestro (forse su tutti), dell’inspiegabile arte di raccontare le emozioni. Puzzle di ricordi e sentimenti sono i suoi film, come quelli che legano chiunque abbia visto una sua pellicola a questo autore. Le immagini create da Truffaut sembrano infatti attaccarsi alle vite dei suoi spettatori, amalgamandosi con le esperienze vissute e le emozioni provate. Di pathos in pathos, di passione in passione…

Scritto da Giampiero Tempesta.

Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.