In seguito alla crisi finanziaria, la multinazionale GTX adotta una spregiudicata politica di ridimensionamento aziendale: il giovane manager Robert Walker viene licenziato, ed è costretto a rinunciare alla vita di privilegi cui era abituato; il suo capo Gene McClary si scontra con l’amministrazione per salvare il personale dai tagli selvaggi; il dirigente Phil Woodward, in là con gli anni, trema al solo pensiero di finirne vittima.

Presentato al Sundance nel 2010, l’esordio dietro la macchina da presa di John Wells (già produttore delle serie ER e West Wing) è un solido dramma socialmente impegnato, ma lontano dal furore ideologico, talvolta manicheo, di altri titoli del genere, andandosi a collocare nell’ambito di un certo cinema sobrio e anti-spettacolare che non declama, ma fa riflettere sulla realtà contemporanea, più vicino al Jason Reitman di Tra le nuvole che all’Oliver Stone di Wall Street.

Forte di una regia classica e asciutta e di una sceneggiatura tutto sommato convincente, né consolatoria né pessimista, The Company Men mette in scena l’impatto della crisi economica sulla vita di un trentenne e di due sessantenni, soffermandosi sulle loro diverse reazioni: il film, infatti, si concentra sulla sfera intima dei personaggi, sui rapporti umani che nascono, si evolvono o si dissolvono nell’ambito della nuova situazione, alternando momenti di cupa tragicità ad altri di flebile speranza.

Attraverso l’evoluzione del personaggio di Robert (un credibile Ben Affleck), da yuppie aggressivo e interessato solo alla carriera ad entusiasta e umile lavoratore alle dipendenze del cognato carpentiere Jack Dolan, che lo porta a restituire la giusta rilevanza a valori da lui in precedenza trascurati come la famiglia, la paternità e l’amicizia, Wells tesse un elogio della capacità, tutta americana, di rimboccarsi le maniche e ricominciare una nuova vita, nello spirito dei vecchi pionieri. Uno spirito in cui si identificano sia il personaggio di Jack (che ha le fattezze rassicuranti di uno specialista del western come Kevin Costner), sia quello di Gene (non a caso impersonato da un’altra icona della frontiera come Tommy Lee Jones), capitalista onesto e generoso, anche se non privo di intime debolezze, il quale rappresenta la memoria storica di un Paese che, in tempo di crisi, sembra avere smarrito la propria etica. Il personaggio caratterialmente più debole, Phil (Chris Cooper), è invece un individuo totalmente privo di capacità di adattamento, condannato alla rovina dalla società in cui vive, disumana e neo-darwinista.

Alla buona resa del film ha contribuito un cast in parte, in cui spiccano Rosemarie DeWitt nel ruolo della combattiva moglie di Robert e il veterano Craig T. Nelson in quello del cinico ed evasivo presidente della GTX.

Apprezzato dalla critica ma molto meno dal pubblico, The Company Men è giunto da noi direttamente in DVD, a dimostrazione della mancanza di coraggio, da parte dei distributori italiani, di puntare su un cinema dagli alti contenuti, ma dalla scarsa attrattiva commerciale.

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