Anche se “Habemus Papam” sarà presentato solo domani sera al 64° festival di Cannes, il nuovo film di Moretti è già entrato di diritto tra le opere più significative della storia della manifestazione e, di conseguenza, merita un posto d’onore all’interno della nostra retrospettiva.

Un rinomato psicologo (Nanni Moretti) viene chiamato in vaticano per aiutare il neo Papa  (Michel Piccoli) a superare il momento di malessere da cui è stato colpito poco prima della fine del conclave.

La pellicola, scritta insieme a Francesco Piccolo e Federica Pontremoli, segna il lavoro  più “maturo” di Moretti, il quale porta sullo schermo la storia privata di un uomo come tanti. Chi ha letto un significato religioso nel film, probabilmente ha visto un’altra pellicola o non l’ha seguita con attenzione: “Habemus Papam”, infatti, non è un lungometraggio sulla chiesa (e i suoi difetti ), o meglio non è solo questo. In primo luogo, infatti, il film è il racconto di un uomo, tutto il resto passa in secondo piano.

Lo stesso Moretti interpreta un ruolo di contorno dando vita ad un personaggio agitato, arrabbiato e a volte un po’ bambino (lo sguardo imbronciato con cui accetta la fine prematura del suo torneo), conservando intatta la consueta impronta Morettiana espressa attraverso  quell’ umorismo indiretto a cui siamo così affezionati. Il dialogo con il cardinale  su quello che si può e non si può dire (la grande omertà ecclesiastica) durante la seduta psicanalitica, è una delle sequenze che incarna maggiormente tutto lo spirito Morettiano. Non manca, poi, anche una divertita beffa al mondo della psicoterapia  (quel “deficit di accudimento”, termine preferito dalla psicologa – numero due! -, Margherita Buy)

Il racconto viene portato avanti molto sapientemente da Moretti, il quale si permette anche una riuscita licenza poetica (la canzone Todo Cambia di Mercedes Sosa, si sente sia nelle stanze del vaticano che per le strade di Roma) e un depistaggio, volutamente fuorviante, per lo spettatore in sala: la scena del teatro sembra quasi un preludio a un epilogo all’americana poi smentito nella sequenza finale.

Un lieto fine che viene forzatamente ricreato in tutti i modi in vaticano (la guardia svizzera che prende le sembianze del papa per rassicurare i fedeli), mentre il vero pontefice vaga per le strade della città completamente perso e in cerca di risposte che non hanno nulla a che vedere con la fede ma solo con la sua esistenza di uomo. Michel Piccoli (i suoi occhi valgono l’intero prezzo del biglietto) è un papa che ammette i suoi limiti di fronte ai suoi stessi fedeli; un papa che sa di non poter essere per loro una figura di riferimento perché lui stesso ha bisogno di essere guidato.

Una dichiarazione di umanità che Moretti ci invita a comprendere in quanto persone, lasciando da parte le critiche moraliste. Proprio per questo, le numerose polemiche sul film risultano fuori luogo; le pellicola, infatti, presenta un ritratto del mondo ecclesiastico decisamente privo di irriverenza o mancanza di rispetto, anzi, lo rende, agli occhi di tutti, profondamente umano. Noi come spettatori non possiamo che esultare, insieme a tutti i cardinali, davanti alla vittoria della piccola Oceania, davanti a un film dal respiro immensamente universale. Abbiate fede, Habemus Papam!


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