CinemadiDavide Vivaldi,8 febbraio 2011
Cinema Errante ricorda Leslie Nielsen
-There don’t seem to be that many laughs around these days.
-Well, what do you expect? The Comedian is dead.
Questo memorabile scambio di battute tratto da Watchmen sembra perfettamente adatto per descrivere il vuoto e la tristezza che ci ha causato, ormai due mesi fa, esattamente il 28 novembre 2010, la notizia che Leslie Nielsen, il grande comico canadese che aveva allietato tante serate della nostra vita, era morto a causa di una polmonite all’età di 84 anni.
Fratello minore del politico Erik Nielsen, Leslie nasce a Regina, nel Saskatchewan, l’11 febbraio 1926, e vive un’infanzia infelice a causa delle violenze cui il padre, un agente della polizia a cavallo, sottopone lui e gli altri membri della propria famiglia. È l’ammirazione nei confronti dello zio materno, l’attore del muto Jean Hersholt, a far nascere in lui l’idea di intraprendere la strada della recitazione, così grazie ad una borsa di studio si trasferisce negli Stati Uniti, dove muove i primi passi in televisione.
Dopo una lunga gavetta fatta di ruoli secondari in varie serie, nel 1956, ormai trentenne, Nielsen esordisce nel cinema in un film poliziesco di Alex Segal, Il ricatto più vile, dove recita accanto ad una star come Glenn Ford. Nella prima parte della sua carriera interpreta ruoli drammatici, qualche volta da protagonista, come nel cult di fantascienza Il pianeta proibito (1956) di Fred M. Wilcox, più spesso da antagonista, come nel western La legge del più forte (1958) di George Marshall, o nel bellico Sinfonia di guerra (1968) di Ralph Nelson. A causa della precoce canizie che gli conferisce un aspetto serioso, negli anni Settanta è spesso impiegato in ruoli autoritari, come il comandante de L’avventura del Poseidon (1972) di Ronald Neame, o il sindaco corrotto di Città in fiamme (1979) di Alvin Rakoff.
È solo nel 1980, superata la cinquantina, che il geniale trio di cineasti composto dai fratelli David e Jerry Zucker e da Jim Abrahams individua in lui un innato talento comico fino ad allora mai utilizzato, e gli affida il ruolo dell’imperturbabile medico ne L’aereo più pazzo del mondo, esilarante parodia del ciclo di Airport. In questa occasione, Nielsen si rivela l’interprete perfetto del genere parodistico-demenziale di cui i tre registi sono alfieri, e riscuote un tale successo che, due anni dopo, è lui ad impersonare il detective Frank Drebin, sbirro inetto quanto fortunato, nella serie televisiva diretta dal trio, Police Squad, ovviamente una presa in giro dei telefilm polizieschi tanto in voga in quel periodo.
Nonostante gli ottimi ascolti, la serie viene sospesa dopo sole sei puntate, ma il personaggio di Drebin viene ripreso da Nielsen nel suo film più famoso, che è al contempo uno dei capolavori assoluti del cinema comico degli anni Ottanta, Una pallottola spuntata (1988), diretto dal solo David Zucker. Il successo del film è tale da imporre il sessantaduenne attore, su cui solo un decennio prima pochi avrebbero scommesso, come star internazionale, con tanto di stella nella Hollywood Walk of Fame. I due seguiti, Una pallottola spuntata 2 ½ – L’odore della paura (1991) dello stesso regista, e Una pallottola spuntata 33 1/3 – L’insulto finale (1994) di Peter Segal, replicano il successo del prototipo e mantengono l’imbranato detective ai primi posti fra i beniamini del pubblico, in barba all’età anagrafica che ne farebbe un pensionato.
Salvo sporadici ritorni a ruoli di altro genere, quasi sempre nelle vesti del cattivo (l’horror Creepshow, 1982, di George A. Romero, il dramma giudiziario Pazza, 1987, di Martin Ritt), dagli anni Novanta in poi si specializza a tempo pieno nella parodia, ed è un susseguirsi di successi: dall’horror satanico in Riposseduta (1990) di Bob Logan a quello vampiresco in Dracula morto e contento (1995) di Mel Brooks, dallo spionaggio in Spia e lascia spiare (1996) di Rick Friedberg al thriller d’azione ne Il fuggitivo della missione impossibile (1998) di Pat Proft, fino alla fantascienza in Un’astronave spuntata nello spazio (2000) di Allan Goldstein, nessun genere cinematografico hollywoodiano è risparmiato dall’allegro sberleffo del vecchio canadese, che attraversa serafico le più assurde situazioni, in cui è coinvolto come testimone o come causa scatenante, senza mai perdere l’ottusa sicurezza e l’incosciente tranquillità tipiche del suo personaggio.
Un paio di film poco riusciti (il cinepanettone italiano SPQR – 2000 e ½ anni fa, 1994, dei fratelli Vanzina, dove fa il cattivo a fianco della coppia Boldi – De Sica, e la trasposizione del personaggio dei disegni animati Mr. Magoo, 1997, di Stanley Tong), non ne frenano la carriera, anche se la qualità dei film che interpreta (ma non della sua recitazione) si abbassa inevitabilmente negli ultimi anni, complice la deriva del genere parodistico verso livelli di volgarità insostenibili. Strappa comunque il sorriso nel ruolo del rimbecillito Presidente degli Stati Uniti nel terzo e nel quarto capitolo della serie Scary Movie, usciti rispettivamente nel 2003 e nel 2004, in cui ritrova David Zucker alla cinepresa: qui Nielsen fa il verso allo smarrimento di George W. Bush alla notizia del crollo delle Torri Gemelle, già messo alla berlina da Michael Moore in Fahrenheit 9/11, per poi partecipare, quattro anni dopo, alla presa in giro degli stessi documentari politicamente impegnati di Moore nell’inedito in Italia An American Carol, sempre diretto dall’amico Zucker.
Il segreto del successo di Leslie Nielsen, ciò che ha fatto di lui un grande, è proprio questo, la capacità di irridere chiunque facendo emergere il lato comico di qualsiasi situazione, senza mai montarsi la testa o rendersi offensivo, e rifuggendo ogni tentazione di ricoprire il ruolo di censore, ma dimostrandosi un maestro nell’arte di far ridere la gente: una risata pura, spensierata, liberatoria. E in tempi attuali, è già abbastanza.
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