C’era una volta…Il Sundance: “Juno”
Juno ha 16 anni. Juno è incinta di Paulie, suo compagno di scuola. Juno sceglie di non abortire, e di affidare il futuro nascituro a una coppia sposata e senza figli, gli apparentemente perfetti Mark e Vanessa. Seguono carambole nelle relazioni fra i personaggi, fino a un pacificante ma non del tutto prevedibile finale.
Quando si vede e poi si parla di Juno è meglio mettere da parte tutta la pappardella su quello che rappresenta, o dovrebbe rappresentare, questo film (“è un film conservatore!”, “no, è un difensore del pro-choice!”, “è troppo furbo!”, “è troppo hipster!” etc), e tenere presente una sola cosa, forse l’unica che abbia un qualche senso quando si vuole parlare di questo tipo di cinema: che si tratta di una commedia. Di una buona commedia. E in quanto tale ha la capacità, propria delle commedie meglio riuscite, di trattare temi di rilevante importanza personale e sociale (la gravidanza adolescenziale, l’aborto, l’affidamento/adozione, le relazioni di coppia/famiglia e, ça va sans dire, l’Ammore Vero) in maniera schietta, non scontata, senza patemi e, soprattutto, godibile.
Oddio, magari non sarà quel capolavoro che il decano dei recensori ammeregani Roger Ebert va sostenendo sin dalla sua uscita, ma ci troviamo comunque di fronte a una pellicola che si fonda su tre elementi di innegabile buona fattura: degli ottimi attori (una Ellen Page a suo perfetto agio nel ruolo dell’adolescente sgamata eppure in scacco; un Michael Cera che aggiunge l’ennesimo tassello a quella che è la sua maschera attoriale preferita – ovvero il ragazzo irrisolto, un po’ goffo un po’ no, un po’ stronzo un po’ sensibile, un po’ carne e un po’ pesce; un Jason Bateman quarantenne dai molti pseudo-rimorsi che si gioca malamente la simpatia dei personaggi e del pubblico), una regia solida e inventiva al tempo stesso (il regista è lo stesso Reitman degli altrettanto notevoli Thank you for smoking e Up in the air), e una sceneggiatura, firmata dall’ora famosa Diablo Cody, nella quale a una serie di vezzi scenografici e di battute sardoniche che potrebbero a un certo punto risultare irritanti più che piacevoli, fanno da sfondo i buoni ritratti e del personaggio principale e delle ansie da relazione che pervadono da diversi anni la famiglia bianca-medio-alto-borghese statunitense.
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Chiara C. | Leonardo L. | Sara M. | ||
7 | 8 | 5 |
alice, sarebbe oltremodo fico 🙂
Per quanto riguarda il doppiaggio ho ripescato l’analisi che avevo fatto per un corso di adattamento, volevo citarti alcuni esempi, ma magari riesco a pubblicarla intera!
sì, ecco, come già avete fatto notare entrambi, la colonna sonora completa il quadro di leggerezza-venata-da-una-certa-tranquilla-malinconia che si abbina armonicamente con tutti gli elementi presenti. Confesso di non aver mai visto la versione doppiata in italiano, anche se ipotizzo che molti vezzi linguistici della Cody si saranno persi nella traduzione.
Complimenti per la recensione, chiara ed efficace. A me Juno è piaciuto moltissimo, soprattutto in lingua originale (anche se, escludendo alcune scelte di voice-casting, il doppiaggio nel complesso è abbastanza curato e rende discretamente il linguaggio adolescenziale di personaggi autoironici ma comunque in qualche modo prigionieri della loro età). Mi associo al plauso per la colonna sonora, imperniata sulla performance scanzonata di Kimya Dawson e dei suoi Moldy Peaches, ma con perle come Sea of Love di Cat Power che offrono un contraltare melodico all’ironia più ritmata.
Ottima recensione! 🙂
La colonna sonora di “Juno” è la migliore amica del mio ipod.
“Sea of Love”, “Im sticking with you”, “Vampire, “Anyone else but you”…