Bad 25 di Spike Lee sarà presentato oggi, Fuori Concorso, a Venezia 69, in occasione della consegna del premio Glory to the Filmmaker, che il regista ritirerà in serata.

A tre anni dalla morte di Michael Jackson, il regista di Fa’ la cosa giusta rende omaggio al re del pop con un documentario fresco e diverso dal solito, che pone un occhio di riguardo per l’uomo dietro il mito e propone immagini inedite, ottenute dal cineasta americano dall’archivio personale del cantante. In occasione del venticinquesimo anniversario dell’uscita dello storico album Bad (1987), il documentario di Spike Lee conduce lo spettatore per mano in un viaggio attraverso le 11 tracce musicali che compongono il disco più venduto di sempre.

In un documentario dalla struttura molto classica, che alterna videoclip, interviste e varie riprese dal vivo, colpisce soprattutto il punto di vista. Lo sguardo di Spike Lee indugia sulla sfera umana del personaggio, restituendone un quadro un po’ nuovo rispetto al solito. La scelta di dare la parola ad amici, colleghi e personaggi vari della sfera di MJ compone l’immagine di un uomo speciale, che ha segnato indelebilmente le vite di chi, a diverso titolo, lo ha conosciuto ed amato. Ma Lee fa di più: concentrandosi sulla lavorazione di Bad, il regista fotografa Jackson all’apice della carriera, nel momento di maggior successo e felicità, prima di venir gettato nella polvere, prima che “Wacko Jacko” schiacciasse il suo spirito genuinamente sensibile.

Più che una ricostruzione storica, infatti, Bad 25 è un omaggio, amorevole e partecipato ma non per questo privo di oggettività, di un artista nei confronti di un altro, due uomini che, in maniera differente, hanno fatto dell’arte la loro ragione di vita. Lee diresse il video di They don’t care about Us nel lontano 1996, poco prima che la bufera mediatica infuriasse, prima che i processi e le ingiurie oscurassero quanto di buono era stato fatto precedentemente. A distanza di anni, il regista dimostra di ricordare ed ammirare l’artista e l’uomo, spesso incompreso, su cui si è scritto troppo e con troppa superficialità, e cerca di regalare al pubblico un’esperienza diversa dal solito, gettando nuova luce sulle ombre che hanno oscurato per troppo tempo l’artista. Il finale, sulle note dell’indimenticabile Man in the Mirror, suona come un vero e proprio trionfo, un riscatto post-mortem forse dovuto, in cui Lee decide di abbandonare la parola per lasciare campo libero alla musica.

Sicuramente un film interessante, imperdibile sia per chi ha amato Michael Jackson, sia per chi, più semplicemente, ricorda qualche suo pezzo. Per tutti, comunque, resta la possibilità irripetibile di scoprire o riscoprire in profondità la storia di un uomo dallo spirito di eterno bambino, e di far cadere, forse una volta per tutte, il velo di pregiudizio che ancora lo avvolge.

Scritto da Leonardo Ligustri.

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Davide V.
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