Per amor vostro: la recensione
Scritto e diretto da Giuseppe M. Gaudino e presentato in concorso a Venezia 72, Per amor vostro è un melodramma di ambientazione napoletana incentrato sul personaggio di Anna, una donna abituata fin da bambina ad assumersi la responsabilità di tutto, rinunciando alla propria felicità. Alle prese con una famiglia disfunzionale – composta da un marito violento e legato alla camorra e da tre figli adolescenti problematici, di cui uno sordomuto – e con uno stressante lavoro da suggeritrice sul set di una soap opera, Anna fa la conoscenza di Michele, un carismatico divo, l’unico a non farla sentire “una cosa da niente”…
Attraverso la vicenda di Anna, madre disposta a tutto per il bene dei propri figli, il regista dà vita a un ritratto ricco di sentimento della città di Napoli, della quale la protagonista, con la sua passionalità estrema e tormentata e la capacità di sopportare miseria e sofferenza ma di trovare sempre la forza di guardare avanti con coraggio e ironia, rappresenta l’essenza più profonda. Come già nel suo primo lungometraggio, il pregevole Giro di lune fra terra e mare (presentato sempre a Venezia nel 1997), dove le figure mitiche che popolarono il paese di Pozzuoli nel passato interagivano con la gente comune del presente, anche qui Gaudino insiste sulla dicotomia fra antico e moderno, tra folclore e realtà che caratterizza la cultura partenopea. E lo fa con uno stile registico di grande potenza visiva, in cui la narrazione principale – rispecchiando il grigiore assoluto della vita della protagonista – è girata in bianco e nero, per poi acquisire colore – colori accesi, saturi, con tocchi digitali e in animazione a passo uno, a sottolinearne la natura mistica – nelle sequenze di ricordi, sogni e visioni, intrisi di una religiosità arcaica, basata sulle superstizioni e sul culto dei morti, in cui la donna trova conforto. Altrettanto azzeccato il comparto musicale, dove le nenie da cantastorie degli Epsilon Indi si alternano alle parodie anni ’50 del Quartetto Cetra, gruppo preferito di Anna, il cui sound d’altri tempi ne rispecchia il senso dell’umorismo, stemperando con tocchi grotteschi la drammaticità delle liti familiari, e l’ingenuità, nel romanticismo del rapporto con il divo della soap.
Grande merito della riuscita finale dell’opera è inoltre da ascrivere alla straordinaria interpretazione di Valeria Golino (per la seconda volta vincitrice della Coppa Volpi, a quasi trent’anni da Storia d’amore), capace di imprimere alla sua Anna un’umanità tale da avvicinarla alle più brave attrici italiane del passato. Ben assecondata dall’intero cast (da un viscido Massimiliano Gallo nel ruolo del marito criminale a un Adriano Giannini affascinante quanto ambiguo in quello di Michele, fino ai giovanissimi Elisabetta Mirra, Edoardo Crò e Daria D’Isanto nella parte dei figli, con i quali alterna aspra conflittualità e tenerezza assoluta), l’attrice napoletana crea un personaggio profondo e sincero che resta nella memoria, dimostrando che lei e il film sono tutto tranne che “una cosa da niente”.
Davide V. | ||
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