Venezia 69. The Iceman: la recensione
The Iceman, presentato Fuori Concorso a Venezia 69, diretto da Ariel Vromen e interpretato da Michael Shannon, è un film incentrato sulla figura di Richard “The Iceman” Kuklinski, killer al soldo della mafia cui sono stati attribuiti più di 100 omicidi.
La vicenda si concentra su circa un ventennio nella vita del protagonista, durante il quale il sicario uccise a sangue freddo numerosi uomini, pur coltivando un amore assoluto nei confronti della propria famiglia.
Adattando per il cinema la biografia di Kuklinski, il trentanovenne regista Ariel Vromen, nato in Israele ma formatosi professionalmente a Los Angeles, mette in scena la doppia vita di un criminale tanto crudele e spietato nell’uccidere, anche se mai donne o bambini, quanto dolce e gentile nel rapportarsi con i suoi cari. Inevitabile risulta, a questo proposito, il paragone con A History of Violence, altra storia di un uomo diviso fra crimine e famiglia, fra violenza e amore, anche se resta una differenza fondamentale: mentre il protagonista del film di David Cronenberg si impone fin dall’inizio una scelta di priorità, che sarà costretto a ridiscutere a causa del precipitare degli eventi, per Iceman le due priorità convivono, con risultati accettabili per il suo equilibrio esistenziale, almeno fino a che l’una non invaderà il campo d’azione dell’altra.
La messa in scena è molto convincente quando ritrae il lato oscuro, feroce di Kuklinski, reso alla perfezione da una regia secca ed essenziale, dal ritmo disteso, per nulla concitato, e da una sceneggiatura puntuale nel descrivere le sfaccettature di un autentico professionista del crimine, brutale ma mai compiaciuto; un po’ meno, nei momenti di intimità, fin troppo idilliaci, anche per via di una certa superficialità con la quale viene trattato il personaggio della moglie Deborah. Lo squilibrio fra sequenze violente e siparietti sentimentali, che avrebbe dovuto essere la carta vincente del film, non porta quindi alla grandezza di risultati garantita sulla carta.
Per fortuna, a soccorrere le sorti dell’opera pensa l’eccellente prova recitativa del gigantesco Michael Shannon, che mostra qui una fisicità straordinaria e un’espressività fuori dal comune, simile a quella di un giovane Christopher Walken, ma scevra da istrionismi, tutta in sottrazione. Non altrettanto convincente Winona Ryder, che ancora una volta fatica a dare la giusta dimensione a un personaggio comunque fortemente penalizzato dalla sceneggiatura, confermandosi una grande promessa non mantenuta. Decisamente interessante l’utilizzo di attori come Chris Evans (il Capitan America di The Avengers) e David Schwimmer (Ross di Friends) per ruoli laidi, agli antipodi dei rispettivi stereotipi eroici e comici, mentre la presenza di specialisti del gangster-movie come Ray Liotta e Robert Davi, nella parte di due pezzi grossi della mafia, rimane una garanzia. Poco rilevante, infine, la partecipazione di James Franco.
In sintesi, pur non trattandosi di un film privo di difetti, The Iceman è un buon esempio di cinema americano di genere, dotato di quella solidità e professionalità mancante, per esempio, in opere dello stesso tipo, come Bulletproof Man.
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