This is England, film diretto dal britannico Shane Meadows, è una storia ambientata nell’Inghilterra del 1983: Shaun, timido dodicenne, dopo la morte del padre nella guerra delle Falkland, trova una nuova famiglia nella gang di skinhead guidata da Woody, che lo prende da subito in simpatia. Quando il violentissimo Combo, un ex amico di Woody, esce dal carcere e irrompe nella routine dei ragazzi, spingendoli verso crimini a sfondo razziale, Shaun si trova di fronte a una difficile scelta di vita relativa al modello comportamentale…

L’educazione all’età adulta in epoca thatcheriana, tra conflitti sociali acuiti da guerre mal viste dal popolo, diviene per Shane Meadows, giovane e talentuoso cantore di un’Inghilterra proletaria, meno politicizzato di Ken Loach, lo spunto per una riflessione sullo skinhead: un movimento nato dalla sottocultura giovanile britannica degli anni Sessanta, inizialmente anarcoide e multietnico, in seguito travisato in senso identitario dai nazionalisti bianchi, sfociando infine in rigurgiti di violenza razzista ai danni delle minoranze pakistane e giamaicane.

Meadows narra una storia di adolescenti inquieti e alquanto irresponsabili, tentati da un’allegra trasgressione ma pericolosamente a rischio di una deriva violenta e criminale, puntando molto sull’immedesimazione emotiva nei protagonisti, ma cercando di evitare l’effetto nostalgia, nonostante il personaggio di Shaun sia vagamente autobiografico (è più o meno coetaneo del regista, e anche quest’ultimo fu vittima di bullismo alle scuole medie). Sul piano registico, a parte un’impeccabile ricostruzione d’epoca, arricchita da sequenze di filmati di repertorio, il cineasta rinuncia agli esagerati vezzi autoriali che appesantivano la sua opera precedente, Dead Man’s Shoes, e predilige una messinscena sobria e semplice, che lascia spazio a una narrazione appassionante e ricca di sensibilità.

Riguardo al cast, il piccolo Thomas Turgoose, che si atteggia come un uomo adulto, compreso nei rapporti con le donne, nonostante sia poco più di un bambino, risulta credibile e suscita tenerezza; eppure il migliore di tutti è, senza alcun dubbio, Stephen Graham, attore dalla straordinaria fisicità, che riesce a imprimere al personaggio di Combo una dimensione umanissima, evitando di farne un clone del Derek Vinyard di American History X o, ancor peggio, uno stereotipo mefistofelico, ma mettendone al contrario in risalto le debolezze e le frustrazioni da sottoproletario arrabbiato e con meno certezze rispetto al neonazista interpretato da Edward Norton, anche se altrettanto pericoloso nella sua follia distruttiva. Ottimi anche i caratteristi, alcuni dei quali già utilizzati dal regista in Dead Man’s Shoes.

Grandiosa, inoltre, la colonna sonora, che unisce successi dell’epoca, soprattutto ska e rocksteady (di Toots and The Maytals, The Specials, Lee Perry, ecc.) a una partitura originale di Ludovico Einaudi.

In definitiva, This is England è un’opera pregevole e molto interessante, sicuramente tra le più significative della produzione britannica degli ultimi dieci anni, a un passo dall’eccellenza. Unico, autentico punto debole, un finale esageratamente sbrigativo, che se da un lato lascia allo spettatore una vasta gamma di interpretazioni, dall’altro dà l’impressione che troppi personaggi siano abbandonati a sé stessi, e che dieci minuti in più non avrebbero guastato. Non a caso, ha dato origine ad una serie televisiva, This is England ’86, con gli stessi protagonisti, e ambientata tre anni dopo.

Presentato al Festival di Toronto nel 2006, il film è uscito nelle sale britanniche l’anno successivo, vincendo il British Academy Film Award e il British Indipendent Film Award, ma ha avuto in Italia un destino travagliato: a lungo in cantiere presso le Officine Ubu, è stato da queste distribuito nelle sale in pochissime copie lo scorso settembre, per finire presto nel mercato del DVD.

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Barbara N.Irina M.
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