Venezia 68° – Pivano Blues – Sulla strada di Nanda
La giornalista Teresa Marchesi concorre nella sezione Controcampo italiano della sessantottesima Mostra del Cinema di Venezia con il documentario “Pivano Blues – Sulla strada di Nanda“, un tributo sincero e partecipe a quell’immensa figura del Novecento che è stata Fernanda Pivano. Personaggio a tutto tondo di rara profondità, la Pivano è nota soprattutto per aver portato in Italia la grande letteratura statunitense, ma è stata ben più di una traduttrice d’eccezione. Fernanda, o meglio Nanda, come ci si sente autorizzati a chiamarla dalla spontaneità e dall’affetto che trasudano dalle testimonianze del documentario, ha davvero vissuto il Novecento nel senso più completo del termine, tuffandosi a capofitto nella Letteratura e nella Storia, senza mai aver timore di esprimere le proprie idee e le proprie emozioni.
Gli studi con Pavese, i lunghi periodi trascorsi con Hemingway, Kerouac e Ginsberg, l’impegno civile per la pace e per la libertà (portato avanti anche a costo del carcere) e quello intellettuale per l’abolizione delle barriere tra cultura alta e cultura popolare, tra poesia e musica: il documentario ripercorre l’intero percorso lavorativo di Nanda, ma soprattutto ne coglie il lato profondamente umano, che le è valso l’affetto incondizionato di grandi artisti americani e italiani. Fra le testimonianze spiccano infatti Bob Dylan, Lou Reed e Abel Ferrara, ma anche Vasco, Ligabue, Jovanotti, Guccini e soprattutto Fabrizio De André, legato da un’amicizia trentennale alla conterranea Pivano, alla quale doveva l’incontro con l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters e la conseguente realizzazione dell’album Non al denaro, non all’amore né al cielo.
Nell’apparente ricorso a una sorta di divismo si riscontra forse l’unica imperfezione del film, ma basta estraniarsi dalla cornice starstruck del Lido per “lasciarsi emozionare” (come faceva “la Nanda” secondo Ligabue) e capire che non c’è nulla di artefatto nell’affetto dimostrato da tutti i grandi nomi chiamati all’appello. Teresa Marchesi, che a sua volta considera la Pivano “una sorta di vice-mamma”, si affida al montaggio fluido di Danilo Galli, alternando sapientemente testimonianze, spezzoni di interviste, apparizioni televisive e immagini della casa e degli scritti di Nanda, il tutto armonizzato dal voice-over di Luciana Littizzetto, che con piglio ironico e guerriero legge brani intensi dai Diari della scrittrice (editi da Bompiani). Colpisce in particolare la parte sulla battaglia della Pivano contro la censura, con le sue risposte al vetriolo all’editore che proponeva esilaranti sostituzioni di parole “incriminate” con tre pudichi puntini nel vano tentativo di arginare la potenza di Addio alle armi e Jukebox all’idrogeno.
Ma il fil rouge del documentario, oltre alla lotta continua che aveva come correlativo oggettivo il simbolo della pace perennemente al collo di Nanda, è senza dubbio la dimensione musicale: la Marchesi prosegue il percorso già iniziato col precedente documentario “Effedià”, dedicato a De André, raccontando l’enorme sforzo della Pivano per portare la musica al livello della poesia e per “sdoganare il concetto di cantautore”, come ricorda Vasco. La musica ci permette anche di esplorare ulteriormente la personalità poliedrica di Nanda, che non solo si occupava di critica musicale, ma si prestava anche a cantare con la PFM o a partecipare a un videoclip di Ligabue. Per questo si è scelto di ricordarla con una colonna sonora a lei dedicata (la suite dei Litfiba “Dimmi dei nazi”, una melodia metà elegiaca e metà country che riprende la frase con cui Hemingway accolse Nanda uscita dal carcere) e con la performance canora dell’amica Patti Smith prima dell’anteprima serale al Lido. Le note di Wing, insieme ai progetti per le scuole della neonata Fondazione Fernanda Pivano Generation, fanno risuonare il messaggio di speranza e di estrema fiducia nei giovani che Nanda esprimeva con parole più che mai attuali in questo presente di precarietà e precariato: “I ragazzi non ci credono più, ma io spero che tornino a sognare, perché solo loro potranno salvare questo mondo che sta andando a rotoli”.
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