Dopo l’orripilante Nine, è quasi naturale avvicinarsi con una certa apprensione all’ultimo film di Rob Marshall, regista e coreografo dal curriculum largamente discutibile (l’unico film decente, il sopravvalutatissimo Chicago, ha ormai ben più di dieci anni). Apprensione in parte stemperata dal fatto che la produzione alle spalle è di quelle che sanno farsi valere (Disney) e, soprattutto, dalla fonte originale, quell’Into the Woods che poco meno di trent’anni fa faceva incetta di Tony Awards consacrandosi, assieme a titoli come Il fantasma dell’opera e, guarda un po’, lo stesso Nine, come uno dei musical più importanti degli anni Ottanta.

I punti forti del genere sono garantiti dai nomi in gioco: dalle musiche, ovviamente irresistibili, di Stephen Sondheim, ai costumi e alle scenografie (Colleen Atwood e Dennis Gassner, entrambi candidati agli Oscar). La traduzione della storia dal palcoscenico al grande schermo è affidata invece a James Lapine, già autore del libretto del musical originale e, in quanto tale, custode della fedeltà dell’adattamento.

Nei primi minuti, quelli che servono al film per presentare i propri protagonisti, Into the Woods si muove magnificamente sulle coordinate sopra descritte. eppure, non serve troppo tempo perché all’ammirazione subentri la noia, alla curiosità una blandissima apatia. Colpa di una vicenda che sente il peso dell’età, di quei trent’anni di distanza che hanno trasformato quello che allora era un esplosiva centrifuga postmoderna di fiabe popolari e personaggi iconici in un brodino sciapo e risaputo; colpa soprattutto della regia di Marshall che, pur pulita e professionale, non riesce in alcun modo a interessarci a ciò che vediamo. Laddove il musical originale riusciva a inserire il guazzabuglio di personaggi, vicende e quant’altro in un flusso narrativo corposo ma coerente, impegnativo senza dubbio ma altrettanto gratificante, l’Into the Woods disneyano affastella il tutto in modo freddo, meccanico e dilatato all’inverosimile (oltre centoventi minuti…).

Abbandonato dalla regia, tocca al volenteroso cast cercare di tenere desta l’attenzione. In un contesto generale di ottimo professionismo, segnaliamo la cenerentola della wannabe – Julie Andrews Anna Kendrick, il lupo cattivo di un Johnny Depp a minutaggio ridotto e, soprattutto, la strega di Meryl Streep, non solo attrice magnetica ma vera e propria forza trainante di Into the Woods. Nomi cui conviene aggrapparsi a viva forza per non soccombere a un film che mostra la corda ben prima del fatidico giro di boa.

Scritto da Giacomo Ferigioni.

Giacomo F.Edoardo P.
4 1/26