Venezia 71. Burying the Ex: la recensione
Dopo quattro anni d’attesa Joe Dante torna finalmente al grande schermo con Burying the Ex, presentato fuori concorso a Venezia 71. E finalmente si ride. Liberamente, senza impegno, senza il dovere o la necessità di porsi infinite domande sui significati reconditi e sui messaggi più o meno subliminali trasmessi da un film. In questo gustoso minestrone non “vegano” di horror e commedia, o meglio zom-com, inno ai suoi amati B-movie, dalla storia bislacca e indubbiamente spassosa, lo script semplicissimo comunica infatti un messaggio cristallino: se hai per le mani un cadavere sbarazzatene subito se non vuoi trovarti “un film di Tim Burton in casa”. Stravagante metafora per dire che, se non si vuole passare il futuro asservito da uno zombi, occorre lasciarsi il passato alle spalle. Clamorosa, sebbene naturale, dimostrazione che, se si è intelligenti, onesti e si sa far bene il proprio lavoro, si può usare persino un film di genere e tanto humor nero per raccontare la difficile “dipartita”di un amore.
In un’atmosfera pop anni ’80, in una ridda di citazioni e battute al fulmicotone mescolati in dialoghi effervescenti, vedi la band di rock cristiano “The Christian Slaters” o la ditta “Traslochi Romero e Figli”, Dante non disattende le aspettative e porta a casa il risultato. Certo non gira un capolavoro, ma continuando imperterrito e soddisfatto sul sentiero tracciato con Gremlins e Piranha, con il giusto spirito e senza mai prendersi troppo sul serio, inebria il pubblico con un film fluido, dall’ineccepibile ritmo, messo in essere da un giovane e spumeggiante cast, gli idoli delle nuove generazioni Anton Yelchin, Ashley Greene e Alexandra Daddario, che danno vita a una coppia, anzi a un trio, fresco e piacevole come un gelato in un giorno d’estate. Magari uno dagli opinabili gusti che vende nel suo “I scream” una delle due protagoniste. Dante giustamente sfrutta a vantaggio della propria opera tutti i modelli convenzionali tipici dell’horror, inserendo nel film tutti gli elementi che gli sono cari e che lo fanno idolatrare dai suoi numerosi estimatori: la bottega degli orrori, l’oggetto magico, un cameo dell’attore feticcio Dick Miller e finanche un’incredibile collezione di poster cinefili che, benché non siano “neanche in inglese”, omaggiano horror come Lo zombie in soffitta. Dunque Joe Dante è vivo, vegeto e cammina tra e con noi: viva gli zombi!
Scritto da Vanessa Forte.
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Davide V. | ||
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