Dice che ormai non c’è più nulla che abbia una qualche rilevanza. Dice che a nessuno gliene frega più nulla. Dice che ormai abbiamo perso.

A sentire i discorsi seri e meno seri che si alzano nell’aria al termine delle proiezioni dedicate agli addetti ai lavori del cinema (anteprime stampa, preview) sembra di ascoltare un borbottio di fondo di sconsolata rassegnazione. I film sono sempre più infantili, il pubblico sempre più distratto, la critica sempre meno centrale, il ruolo del cinema sempre più marginale. Non è una novità e ormai dovremmo averci fatto i conti. Eppure… eppure fa sempre un certo effetto ritrovarsi a condividere quello scoramento e allo stesso tempo continuare a combatterlo come fosse LA piaga da debellare. Lo abbiamo detto più volte anche qui: non varrebbe la pena rendersi conto che un certo mondo sta finendo e quindi provare ad aprirsi al nuovo?

Il problema è sempre ciò che si lascia a fronte di ciò che si trova. Lasciando perdere per una volta le nuove forme della distribuzione e le nuove forme della promozione cinematografica, forse dimentichiamo troppo spesso il punto focale: il cinema vero e proprio. Al di là di remake, reboot e ripoff più o meno mascherati, forse il problema è anche legato al cinema d’autore che molto spesso non riesce ad andare oltre i confini della nicchia “da festival” per aprire gli occhi e il cuore di un pubblico più ampio. Come può il cinema tornare ad avere una qualche rilevanza se popolare significa dozzinale e impegnato significa complicato? Per non parlare del fatto che ormai anche i film action hanno trame intricatissime, anche se sono fatti all’80% da inseguimenti sfiancanti. O come ho letto recentemente: sembra che se per raccontare una storia non ci metti almeno due ore e venti sei uno stronzo.

Non è mai facile abbandonare la strada battuta per la sconosciuta, e proprio per questo… ma perché non torniamo al caro vecchio sentiero della fruibilità? Perché se il pubblico aumenta ed è soddisfatto, ci si guadagna tutti, alti e bassi, belli e brutti, stranieri e non. E allora incamminiamoci verso sud, alla ricerca dei vecchi valori di una volta, quando era tutto più semplice (e più complicato) e quando non serviva (solo) stupire per catturare l’attenzione. Bastava fare le cose per bene, anche perché funziona. Questa sì che sarebbe una vera rivoluzione.

Scritto da Sara Sagrati.