Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte I (in originale Mockingjay) è il terzo capitolo tratto dalla trilogia Young Adult che ha rilanciato la distopia a tema ludico. Prima parte del lungo finale, prelude di un anno il capitolo conclusivo, atteso a fine 2015. Jennifer Lawrence torna a vestire gli scomodi panni di Katniss Everdeen, eroina con arco e frecce esplosive; la affianca Natalie Dormer, nota ai più per il suo ruolo in Game of Thrones e qui pettinata come una tekno-raver dell’anno 2000.

Il terzo capitolo della saga rispetta parzialmente la struttura dei due film precedenti (tra loro gemelli), dove il primo tempo insisteva sul tema dell’immagine e della propaganda, mentre solo nella fase finale il film diventava d’azione. In Mockingjay troviamo Katniss nelle mani dell’esercito ribelle, che la convince a diventare il volto della rivoluzione. Da un lato la dittatura, dall’altro i combattenti per la liberazione, ma entrambe le parti si contendono il controllo di Katniss e della sua identità. Come sempre Katniss si trova costretta ad accettare il patto, ma questa volta riesce a calarsi meglio nella parte: ciò che vuole davvero è radere al suolo Capitol City e la dittatura di Panem.

Mockingjay affronta i temi della guerra e della ribellione mantenendosi serioso, senza risparmiare qualche visione terribile (esecuzioni, stragi di massa). È un film austero, che lascia andare l’apparato glamour dei precedenti e lo rimpiazza col grigiore delle divise e il rigore della vita sotterranea. Ha dalla sua un micidiale cast di star al quale si unisce Julianne Moore, e contiene una delle ultime interpretazioni del compianto Philip Seymour Hoffman. Ma purtroppo anche i presupposti più promettenti non portano da nessuna parte. L’ambientazione e le interpretazioni sono appiattite dalla mediocrità della regia di Francis Lawrence e della sceneggiatura di Danny Strong e Peter Craig, che non riescono a evitare il danno: Mockingjay è un film irrimediabilmente noioso.

Fatale è la scomparsa degli Hunger Games, qui sostituiti da una guerra civile vera e propria. Sebbene sia questa l’evoluzione naturale delle vicende distopiche della saga, era il momento dei giochi ciò che creava l’appartenenza a un genere, se non l’identità dei film stessi. L’alchimia stava tutta nel dilatarsi della preparazione degli Hunger Games, a generare la tensione narrativa che sarebbe poi esplosa nelle angoscianti sequenze di battaglia nell’arena; e qui i giochi che danno il nome al franchise stesso sono i grandi assenti che non trovano un degno sostituto nel plot del film. Presente invece il triangolo amoroso, appena accennato nei precedenti capitoli, che riceve più spazio in Mockingjay. L’ossessione di Katniss per Peeta rappresenta con puntualità le fissazioni amorose degli adolescenti, ma non ravviva in alcun modo la foschia in cui è avvolto il film. Il canto della rivolta pare dunque preludere a un finale della saga altrettanto svogliato, che potrebbe chiudersi senza regalare alcun brivido cinematografico.

Sara M.Alice C.Antonio M.Davide V.Sara S.Thomas M.
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