Snowpiercer: la recensione
Snowpiercer di Bong Joon-ho è il nuovo bolide della fantascienza sociale e arriva dalla Corea del Sud. Prodotto dalla casa cinematografica del regista Park Chan-wook (Oldboy, Lady Vendetta), è il film coreano più costoso di tutti i tempi: 39 milioni di dollari di budget, abbondantemente recuperati al botteghino, che promette altre meraviglie.
Snowpiercer è un film che guarda a Occidente, o che guarda l’Occidente? Tratto dalla graphic novel francese Le Transperceneige, la pellicola si avvale di un cast quasi interamente anglo-americano. Troviamo Captain America – Chris Evans, e attorno a lui John Hurt, Tilda Swinton, Ewen Bremner e Ed Harris. Unici rappresentanti del cinema coreano tra i protagonisti, la star Song Kang-ho e la giovane Go Ah-sung.
Protagonista sullo schermo, un treno lanciato attraverso i ghiacci di un pianeta Terra ormai deserto. L’arca sferragliante trasporta i pochi esseri umani sopravvissuti all’apocalisse termica che ha provocato una nuova glaciazione. Sul mezzo l’ordine viene mantenuto con rigore militare, anche un po’ nazista: i poveri vivono nella coda del treno in condizioni bestiali, mentre le classi agiate occupano i misteriosi vagoni vicini alla locomotiva. L’apartheid è violento e costellato da soprusi, ma arriva il giorno dell’insurrezione…
Bong Joon-ho fonda il film su una metafora terzomondista tanto didascalica quanto efficace, ambientando la prima parte nella coda, priva di finestre. Costruisce set claustrofobici dominati dai colori spenti della sporcizia e degli stracci onnipresenti, richiamando carceri e campi di concentramento, dove i suoi protagonisti poveri e stanchi sono vessati dalla crudeltà di chi li governa. Ma quando i nostri eroi iniziando la faticosa attraversata verso la testa del treno, lo spettatore scopre che la vita nei vagoni degli oppressori è fatta di scuole, dentisti, sushi bar, parrucchieri e discoteche; insomma, assomiglia spaventosamente a quella del mondo in cui vive. Bong orchestra sapientemente un cortocircuito d’immaginazione, creando l’immedesimazione nei personaggi buoni e dimostrandone poi l’appartenenza a un mondo lontano da quello dei paesi più ricchi.
Il regista riesce nell’ardua impresa di ambientare tutto su un lunghissimo treno costruendo un film di prospettive centrali, dove i personaggi non possono fare altro che andare sempre avanti come in un videogioco platform. Omaggia un cinema fantastico grottesco e surreale più britannico che hollywoodiano, come quello di Terry Gilliam; e non a caso Gilliam è proprio il nome del personaggio interpretato da John Hurt. Invece di infarcire il film di computer grafica, Bong sceglie di suscitare stupore attraverso gli aspetti avventurosi e il continuo aggiornamento dei set, che mutano radicalmente aspetto di vagone in vagone, conducendo i personaggi attraverso un regno di Oz dove i mattoni gialli si macchiano spesso di sangue. Il risultato nel suo complesso è sorprendentemente anticonvenzionale, e riesce a farsi perdonare qualche ingenuità e alcuni scivoloni narrativi. Non tutti gli interrogativi riceveranno una risposta, ma lo spettatore sarà comunque soddisfatto: Snowpiercer è un intrattenimento curioso e spettacolare.
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Chiara C. | Davide V. | Giusy P. | ||
8 | 6 | 8 |
Regista: - Sceneggiatore:
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