Cloud Atlas: la recensione
Cloud Atlas di Tom Tykwer, Andy e Lana Wachowski – “Siamo legati ad altri, passati e presenti, e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro”. Così declama una Giovanna D’Arco con gli occhi a mandorla del 2144, Sonmi-451 (Bae Doona), clone in una Seul distopica chiamata a dirigere la rivolta di un’unione di ribelli contro un sistema totalitario che usa quelle come lei come cibo per altri fabbricati. Ma Cloud Atlas non è l’ennesimo clone di un film da butterfly effect, né uno spreco di soldi (si tratta, da statistiche ufficiose, della produzione indipendente più costosa di sempre). Il viluppo narrativo di tempi e storie, tipo Iñárritu di fantasia, è anche un‘azzardata avventura di montaggio e di coesistenza dei generi: riuscita o meno, resta intrinsecamente sperimentale. Ed anche gli esperimenti in parte falliti, come le rivolte perdenti del film, non vanno mai a vuoto.
Sei storie si svolgono in parallelo, attraversando epoche diverse ma congiungendosi per spirito e senso ultimo. A metà Ottocento un avvocato (Jim Sturgess) si riscopre abolizionista, ma deve guardarsi dalle insidie di un medico; negli anni ’30 in Scozia un musicista bisessuale (Ben Whishaw) cerca la propria libertà musicale ed esistenziale; negli anni ’70 in California, una giornalista figlia d’arte (Halle Berry) conduce una pericolosa inchiesta su di una centrale nucleare, attorno ad un dossier grondante di sangue; ai giorni nostri in Inghilterra un editore (Jim Broadbent) fugge dalla padella del ricatto di un romanziere criminale e finisce nella brace di una casa di riposo tipo Sing Sing; a Neo Seul, la già citata Sonmi si ribella al Sistema, ma soprattutto s’innamora; nel 2321, in post-apocalittiche Hawaii, i sopravvissuti ridotti a stato primitivo (tra cui Tom Hanks) entrano in contatto con una delle ultime rappresentanti (ancora Halle Berry) di una civiltà tecnologicamente avanzata e si ribellano ad una tribù di diavolacci.
E raccontata la trama – o meglio, le trame, viene il difficile: raccontare il film. Perché, un po’ come una composizione musicale, tradurre in parole l’essenza dell’opera implica un grado d’astrazione inevitabilmente stonato rispetto alla fittissima rete di nodi della narrazione, corrispondenze interne, dettagli agglutinanti, stop and go rilanciati all’ossesso, rotazioni filmiche d’un cubo di Rubik le cui sei facce, alla fine, sono superfici policrome dello stesso solido. Con maggiore sottigliezza rispetto al meccanismo, apparentemente stucchevole, delle storie alternate, Cloud Atlas è in realtà l’esatto contrario di tutto quello che appare: non un film di reazioni a catena, perché le storie restano separate; non un racconto d’incessanti parallelismi, ma di divergenze e volontarie sfilacciature – perché il montaggio e la durata “in scena” delle singole storie muta di ritmo e dilatazione, variando di volta in volta consistenza e grana del filo narrativo; non un butterfly effect, ma un butter-fly, un volo di burro, storie viste a volo d’uccello i cui legami si squagliano come ali d’Icaro, anziché stringersi.
Il noir della storia con la giornalista ha dunque un registro diverso da quello da commedia sull’editore; il timbro fantascientifico della vicenda con Bae Doona risuona altrimenti da quello “tribale” della post-apocalisse hawaiana; il dramma storico in costume dell’800 ha un sapore di salsedine dei Mari del Sud che non appartiene agli interni ombrosi o agli esterni ingrigiti della storia del musicista. Cloud Atlas Sextet è la composizione strumentale di quest’ultimo: un’unica suite, ma pur sempre un dichiarato “sestetto”. Ne vien fuori un paesaggio filmico più irregolare di quanto non sembri, in cui la varietà degli scenari e delle situazioni è godibile in quanto varietà: un po’ come guardare la Terra, ed i terrestri, da un altro punto della Galassia, come nella bellissima scena finale, con prospettive diverse ed entro uno scenario unificante, ma infinitamente fratto nella diversa ripetizione di frattali. Ed il cast stellare, d’altronde, aiuta.
Francobollato come potterie visiva da new age, o peggio, come pasticcio corroborato da una filosofia Voyager, Cloud Atlas è prima di tutto – andrebbe ricordato – l’adattamento di un romanzo, L’atlante delle nuvole di David Mitchell. Tutte le critiche sulla pretenziosità “ideologica” del film o sull’azzimata veste visiva appaiono ridimensionate da questa considerazione: attingendo ad un soggetto già esistente, Tykwer e i Wachowski non fanno tout court filosofia, semplicemente fanno – e bene – il loro sporco, anzi, pulitissimo lavoro cinematografico, creando un prodotto che alla complessità dell’originale letterario adatti il puro spettacolo della science fiction filmica ad incastro multiplo. Né santoni, né profeti: al più, ispirati operai.
Cloud Atlas di Tom Tykwer e di Andy e Lana Wachowski è davvero un atlante delle nuvole, apprezzabile più per la propria sfuggente irregolarità da nembo che per presunt(uos)i messaggi collaterali. Che, al più, si disperdono, come pura evocazione, nel discorso del primitivo del futuro, l’hawaiano interpretato da Tom Hanks, da cui il titolo al film: “Le anime attraversano le età come le nuvole i cieli (…) Chissà chi soffia le nuvole e chissà come sarà la mia anima domani? Lo sa solo Somni: l’est, l’ovest, la bussola e l’atlante, sì, solo l’atlante delle nuvole, il nuvolario”. Sulla calibratura della bussola si ha qualche dubbio, ma il viaggio non dispiace.
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Chiara C. | Edoardo P. | Sara M. | ||
6 | 7 | 8 |
Regista: - Sceneggiatore:
Cast:
L’idea che ogni singola vicenda faccia parte di un affresco universale, che esista una Storia di tutte le storie, è buona ed era un ottima premessa affinché ne uscisse un buon film. Peccato che la realizzazione risulti un po’ zoppicante, seppure con qualche buon momento, a causa delle troppe banalità e stereotipi che invece di esaltare finiscono per affossare l’idea di fondo. Alla fine comunque il film è piacevole, per merito degli attori, della grande fotografia e del montaggio, davvero spregiudicato e originale.
@Francesco Cinti: a parer mio un film che vuole trasmettere una morale tu la scopri diciamo sui ultimi 10/15 minuti del film, io l’ho visto Cloud Atlas. non posso dire che non c’è cast, anche perché c’è Tom Hanks, Halle Berry, Susan Sarandon, Hugh Grant, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Ben Whishaw, Jim Broadbent, Keith David, James D’Arcy, Xun Zhou. Fotografia niente da dire posti e panorami assurdi e meravigliosi, io francamente (parlo da persona affetta da cinematografia) questo modo di far vedere 5 minuti del passato, poi del futuro, poi ancora del presente… che cosa avete capito? a me è venuto un gran mal di testa! morale?
sicuramente un film che non entrerà per niente nelle pagine miliari del cinema …
L’ho visto ieri sera: tre ore di film e tre ore di “tavola rotonda” con chi l’ho guardato. Secondo me bellissimo, ma la mia valutazione dipende dal fatto che il film fila: come, che so, in Ritorno al futuro (parte prima), alla fine tutto quadra, tutto torna. Tutte le domande hanno avuto risposta, tutte le sottotrame si sono sviluppate nel migliore dei modi. E così Cloud Atlas. Nessuno ha detto che i dettagli sono curatissimi e in tre ore nessuno di questi viene lasciato a morire. È un film autoconcludente, e quindi merita. Mettici il cast, la fotografia e la sceneggiatura, anch’essi di alto livello, e ci hai fatto il film migliore dell’anno 😀
Il film è un capolavoro,forse va rivisto piu’ volte per intuirne il profondo messaggio che emana.
Ho visto (purtroppo anch’io questo film, 3 lunghe ore della mia vita (utile o inutile non fa differenza) tutto sommato che potevo “spendere” molto meglio…..
Come recensione mi viene in mente la frase di di Fantozzi sul film “La corazzata Potemkin”…. credo che la conosciate tutti, è una specie di “cult” e quindi non la scriverò. Ciao a tutti.
E’ un film molto ben fatto, dura molto ma trattiene sempre l’attenzione. Fa capire il concetto di come gira il mondo adesso, dove in una società di massa sono in pochi a “ribellarsi” a caro prezzo per cercare di dare esempio ai pochi che riescono a coglierlo… Ed è sempre bello vedere film del genere, piuttosto che la solita spazzatura insignificante per passare il tempo… Voto 9!
una schifezza
Una bella scatola costosissima per un contenuto di scarsissima qualità: banalità a go go con un episodio sui gay, un episodio sulla discriminazione razziale, riferimenti all’olocausto, emancipazione della donna, amore eterno…..che più??! Un gran minestrone (3 ore sono davvero troppe) intriso di frasi fatte, pesanti make up, sangue, sparatorie, combattimenti, vendette, cinismi & buoni sentimenti a braccetto. Una lunga e faticosa corsa verso l’inconcludenza, ivi compreso il sacrificio della novella Giovanna d’Arco con citazione finale scopiazzata da Madre Teresa di Calcutta (siamo gocce nel mare ecc ecc).
Francamente un film ambizioso quanto inutile.
Salvo la bellezza della fotografia e di certe scene, meritevoli di far respirare in un contesto decisamente asfittico.
Forse, l’unico preconcetto da parte mia verso il film è il carattere biblico della morale. Per alcuni aspetti è molto interessante. La visione di un immediato futuro, per altro probabile, dove lo status di consumatore viene visto come unico e invidiabile modo di essere, tocca temi filosofici e sociologici a me molto cari. Purtroppo però il tutto viene rapidamente abbandonato per fare posto ad una morale scontata e dal sapore molto new Age. Chiaro è, che per i seguaci di questa filosofia il film è una delle poche, se non rare, occasioni di poter veder trattato un argomento molto complesso che, i creatori di Matrix nonostante lo sforzo, a mio avviso non sono
riusciti a rappresentare adeguatamente.
Come si fa a criticare questo film, secondo me tutte le critiche che si sente in giro sono frutto da dei preconcetti, il film è un capolavoro, per come è stato fatto, montato, narrato…
L’interpretazione degli attori è stupenda, e la colonna sonora è meravigliosa…
Il seppur semplice da comprendere ma interessantissimo concetto di fondo, non basta a tenere viva l’attenzione verso un polpettone di una banalità che offende.
Ciao Chiara, grazie! Direi che è un film concluso in maniera più semplice di quanto sia fatto presagire dallo svolgimento, più che un film con dei veri e propri buchi. Sono quindi sostanzialmente d’accordo con te: lascia un po’ di vuoto, ma tutto sommato la scorrevolezza e la perdonabilità delle scorciatoie lascia buone sensazioni.
Bellissima analisi Antonio, hai interpretato perfettamente le cose buone che il film comunica. Solo che a me certi buchi narrativi sono rimasti proprio qui, così come quella caspita di voglia a forma di cometa.