Biancaneve e il Cacciatore: la recensione
Biancaneve e il Cacciatore è un film interpretato da Kristen Stewart, Chris Hemsworth e Charlize Theron, per la regia di Rupert Sanders.
Se siete dei nostalgici della bella fanciulla dalle guance rosse e il vestito blu di disneyana memoria, non illudetevi di ritrovarla nella versione che ne ha tratto il regista in questo film dove anche il baffuto cacciatore che si commuove dinnanzi all’innocenza della principessa ha subito una metamorfosi. Si è trasformato, infatti, in un bel tenebroso, rude e impavido, che decide di aiutare la fanciulla dai capelli corvini prima per denaro e poi per espiare la colpa più grande della sua vita: la perdita della moglie. Difficile individuare una sola storia, un’unica trama senza dover mettere da parte uno dei tre personaggi chiave del film e privilegiare un punto di vista piuttosto che l’altro.
Se la leggiamo dal punto di vista di Biancaneve, è la storia dell’iniziazione alla lotta di un principessa dal cuore gentile e generoso che viene rinchiusa in una torre a causa della sua leggendaria bellezza dalla regina cattiva, la perfida Ravenna, che non ammette rivali in fatto di beltà. Ravenna ha il dono di una bellezza luminosa che ha colpito l’animo addolorato del re, il padre di Biancaneve, rimasto prematuramente vedovo. Dopo l’assassinio del re, il regno cade in disgrazia. Più la regina diventa bella, più il suo regno si imbruttisce. Non è così per Biancaneve. Lo specchio incantato di Ravenna indica Biancaneve come l’unico pericolo che può insidiare il potere e la bellezza della regina. Sarà il cacciatore, l’unico a conoscere la foresta oscura dove Biancaneve ha trovato riparo dopo la fuga dal castello, a dover estirpare dal petto della giovane il suo cuore puro e valoroso. Un cuore che minaccia la regina, forse perché anche su di lei potrebbe avere il potere salvifico di un balsamo.
E sono proprio il passato di Ravenna, un villain perfido e spietato, il suo dolore, la sua follia ad essere troppo ingombranti per essere contenuti in una storia dove si intrecciano o meglio si sfiorano e si confrontano tre storie, tre background, tre vite diverse eppure legate strettamente l’una all’altra. Un legame che il regista cerca di far emergere a tratti nella sceneggiatura, soprattutto attraverso i dialoghi. Caricare di significati e di passati importanti dei personaggi fiabeschi che costituiscono dei simboli e non possono rappresentare le innumerevoli sfacciattature di un essere umano, è sempre rischioso. E soprattutto richiede tempo e spazio. Un tempo e uno spazio più lunghi di un film che addirittura indaga su tre personaggi. Forse è per questo motivo che la protagonista assoluta, Biancaneve, è dotata di una minore complessità psicologica, di meno spessore. Anche se ciò non impedisce un arco di trasformazione del suo personaggio: da principessa innocente e ignara del mondo a condottiera coraggiosa del proprio popolo, rimasto addormentato, come lei, per troppo tempo. Il risveglio della principessa è dunque una rinascita che avviene mediante il popolo. E si compie attraverso un uomo del popolo, il cacciatore: grazie a lui Biancaneve prende consapevolezza della propria forza e della necessità del proprio sacrificio. Eppure alla fine c’è la sensazione di un’incompiutezza, di qualcosa di accennato e mai dispiegato o approfondito. E’ il laccio che stringe Ravenna a Biancaneve e quest’ultima al cacciatore. Perché la regina ha deciso di tenerla in vita invece che disfarsene dal primo momento? La risposta sta nel filo che lega i loro destini. Entrambe belle, entrambe determinate, entrambe orfane, sono le due facce di un specchio e del suo retro. Anche l’amicizia col cacciatore conteneva in embrione il seme di un legame più profondo e più rischioso.
Ecco, è questo, il rischio: la capacità di reinterpretare davvero la favola dei Grimm viene meno in questo film, che teme di allontanarsi troppo dal modello originario, da cui comunque finisce per distanziarsi, e di essere tacciato di eresia. Lo spunto era ottimo: il cacciatore come amico, mentore e anche qualcosa di più per Biancaneve, la regina come opposto di cui doveva essere indagata la solitudine e la misandria. Invece, gli elementi potenzialmente affascinanti della storia diventano solo una scusa per l’ennesima saga cavalleresca con dispiego di forze ed effetti speciali. Alcuni davvero mirabili, come quello dei corvi di cui sono composti il corpo e la veste di Ravenna. Numerosi i ralenti, capaci di esaltare le scene più cariche di pathos o di azione.
Insomma, tanti buoni spunti e tanta buona volontà per un film che con una villain come Charlize Theron e un mentore come Chris Hemsworth avrebbe meritato una storia diversa. Forse una storia indipendente da quella di Biancaneve che, dobbiamo ammetterlo, conserva come tutti i miti e le fiabe tramandate nei secoli, una sorta di incorruttibilità. Per cui ci si macchierebbe di sacrilegio e ci si esporrebbe al pubblico ludibrio se solo si provasse a modificarla un po’.
Scritto da Vera Santillo.
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Giacomo B. | Sara M. | ||
4 | 7 |
Regista: - Sceneggiatore:
Cast:
Corvi di Narutiana memoria.