EditorialediGiampiero Raganelli,14 settembre 2016
Verso Sud, a Venezia 73
Luci e ombre della Mostra del Cinema: il direttore è uscito dal bunker
La più bella Mostra del Cinema da un po’ di anni a questa parte, la migliore della seconda era Barbera. Lodi sperticate all’annuncio del programma di questa Mostra del cinema appena conclusa, ma vediamo di capire quali siano le luci e le ombre di questa edizione.
La prima macroscopica ombra è quella del pubblico. Basta un colpo d’occhio per capire come non ci siano più le folle di una volta, quando a qualsiasi ora del giorno e della notte, si faceva fatica a camminare nei vialoni del Lido, e si facevano lunghe file alle proiezioni. Non c’è dato che tenga rispetto a questa evidente emorragia di pubblico e operatori e un pensierino in merito andrebbe fatto.
Venendo alla selezione del concorso, non c’è dubbio che siano passate opere davvero forti, film attesi dei più grandi autori sulla piazza. Ozon, Wenders, Larraìn fino alla consacrazione definitiva di Lav Diaz, dopo Locarno e Berlino. Ma la selezione di quest’anno mostra anche l’inadeguatezza veneziana di essere un sismografo dei nuovi autori, di coltivare gli autentici talenti emergenti. Fuori dai nomi consolidati, Venezia propone l’impresentabile The Bad Batch di Ana Lily Amirpour, o The Light Between Oceans di Derek Cianfrance degno al limite di un fuori concorso per gli attori di richiamo. Solo Spira Mirabilis di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti è, tra i film in concorso non di registi blasonati, quello di una coppia d’autori in crescita e su cui davvero si dovrebbe puntare. Ma forse non è un caso che questo film sia quello che è stato soffiato a Locarno.
A volte sembra che Barbera sia rimasto fermo a più di un decennio fa, come se dal suo primo mandato del 1998 a quello odierno sia vissuto in un bunker come i personaggi di Underground. E se ne sia uscito al suono di ottoni e fanfare. Solo così si spiegherebbe l’inserimento proprio del film On the Milky Road di Emir Kusturica, autore cinematograficamente ormai defunto da tempo. Ma anche, dall’altro lato, una delle punte di questa Venezia, il recupero di The Nights of Zayandeh–rood, il film del 1990 di Mohsen Makhmalbaf che sembrava irrimediabilmente finito nell’oblio, cancellato dalla censura iraniana. Un autore che ha sempre avuto le attenzioni critiche dell’attuale direttore, e che da tempo non sembrava più à la page nei grandi festival internazionali.
Giornalista, critico cinematografico e teatrale, esperto in cinema dell’estremo oriente. Collabora con varie testate.