Misfits 3×04: la recensione
Il teaser dell’Episode Four di Misfits prometteva scintille: personalmente speravo si facesse un po’ di luce sul personaggio dell’assistente sociale Shaun, finora così monodimensionale. Invece gli autori hanno deciso di alzare notevolmente il tiro, e di prendersi un po’ troppo sul serio, con risultati fallimentari.
L’episodio si apre su Friedrich Hirsch, l’uomo ebreo che nel “Christmas Special” della scorsa stagione era menzionato da Seth come colui che aveva acquisito il potere di Curtis -tornare indietro nel tempo- per poter uccidere Hitler. Ed effettivamente il signore settantaseienne si teletrasporta in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, ma fallisce l’obiettivo, si fa ferire col suo stesso coltello e fa trovare a Hitler il suo cellulare, che permetterà ai nazisti di sviluppare una superiorità tecnologica tale da poter conquistare tutta l’Europa, Inghilterra compresa. Ci ritroviamo dunque, di ritorno al presente, in un universo distopico dove il Community Center è una base nazista con prigione annessa, Shaun è il capo nazista, Alisha è la sua donna, Simon è obbligato a servire nell’esercito, Kelly è quella che porta da mangiare ai prigionieri borbottando fuckin’ nazi e Curtis è il capo (e unico membro, pare) del gruppo dei ribelli. Seth viene imprigionato e obbligato ad estirpare i poteri dalla gente per metterli al servizio dei nazisti, e ciò è il motore che accende la reazione di Curtis, aiutato da Rudy e Kelly (che vuole salvare Seth). Alla fine, prevedibilmente, il potere giusto va nelle mani giuste, e Kelly può tornare nell’ufficio di Hitler e prenderlo a calci, dopo aver ripreso il cellulare fatale.
L’episodio ha tanti, grossi problemi. Innanzitutto, basta con il time-travelling e le realtà alternative. Ne abbiamo avuta già una nella prima stagione (ep. 1×04), e il tema è costantemente ritirato in ballo riguardo a Simon e SuperSimon, dove gli autori hanno già problemi a non cadere in contraddizioni con le varie timeline.
E qui si arriva al principale punto dolente: è vero che nessuno ha mai chiesto a Misfits di essere realistica, è vero che l’essere sconclusionata fa parte del suo bello, ma proprio per questo non si capisce perché si siano infilati nel ginepraio della Storia di punto in bianco. Finora i killer da videogame, i tatuatori allergici o i disegnatori di realtà erano perfettamente coerenti con l’universo misfitsiano che, ricordiamo, è isolato, non specificato e solitamente semi-deserto, popolato esclusivamente dai protagonisti e dal nemico/amico di turno. Invece non è affatto coerente un cattivo-macchietta-nazista che vuole i poteri per… boh? Uccidere arbitrariamente a mani nude anziché sparando? E soprattutto: perché nessuno ha mai usato i poteri non dico per far fuori, ma almeno per dare un po’ di noia ai nazisti? Perché solo Rudy ha i poteri e gli altri no? Perché solo ora si ribellano?
Tutte domande senza risposta, che aleggiano in compagnia di una serie di scelte narrative particolarmente fastidiose: il successo del blitz nel bar di Curtis è meramente strumentale a riportare Seth in cella, cosicché possa acquisire il potere del time reversal dal vecchio -tra l’altro tenuto in vita solo ed esclusivamente per quello, vista la rapidità con cui di solito la gente muore in Misfits– e passarlo a qualcun altro, non senza una profusione di sacrifici e morti inutili, tra cui Curtis e Seth; Simon si unisce alla ribellione quando il lavoro sporco l’hanno già fatto gli altri, mentre finora ha tranquillamente accettato i metodi dei suoi capi; l’unico ruolo di Alisha continua ad essere quello della fidanzata adorante, qualsiasi sia l’universo di riferimento.
Insomma, la presa in giro non è più scherzosa, e gli autori non sanno più che pesci pigliare. Si salva solo la testata a Hitler, ma è comunque meglio rivedersi Inglorious Basterds.
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