Limitless: la recensione
Solo un paio di mesi fa, la tube di Londra era tappezzata di locandine colorate che tessevano le lodi di una mirabolante pillola (tale Limitless – senza limiti, ndr) capace di renderci capaci di cose incredibili. Secondo questo spot, la pillolina in questione sarebbe stata in grado di renderci capaci di sfruttare il nostro cervello – e le sue infinite possibilità – al 100%, quando invece nella realtà quotidiana ne usiamo solo il 20. La cosa che suscitava una certa indignazione nel passante londinese medio (e anche in me, lo ammetto) era la disinvoltura con la quale i pubblicitari avevano scelto di esaltare le qualità di quella che dopotutto era una droga (o smart drug) a tutti gli effetti, e il modo con il quale, sotto al nome del prodotto, avevano elencato tutti i possibili effetti collaterali. Effetti indesiderati che comprendevano una serie di patologie più o meno gravi, dalla nausea all’emorragia cerebrale, dal mal di testa al cancro, dal coma alla morte.
La maggior parte delle persone nella metro, pressata in quel tubo metallico all’ora di punta, costretta a posture scomode, tra un business-man della city e una signora di mezza età di Brighton, leggeva il messaggio in modo assente. Gli occhi scorrevano tra un Please Mind the Gap ed un altro. La reazione, pochi secondi dopo, poteva essere di incredulità (mascherata da maggiore o minore aplomb britannica), di indignazione appunto, o di disinteresse totale. Qualcuno scattava una foto.
Solo poco tempo dopo si seppe che era tutta una manovra commerciale: quella che adesso chiamano campagna virale. E’ il marketing, bellezza. Ed è il nuovo film di Neil Burger con Bradley Cooper come attore protagonista: Limitless.
E così, a distanza di due mesi esatti da quando vidi quelle maledette locandine per la prima volta, eccomi al cinema (italiano) per gustarmi questo thrillone-azione adrenalinico di un’ora e mezza tutto corsa e inghiottire di pasticche. La trama non è geniale, ma per il tipo di film, non certo un capolavoro ma un buon film d’azione stile 2000, ci sta tutta.
Andy Morra (Cooper), scrittore outsider barra neo hippie della New York depressa dei nostri giorni, cappellone e trascurato, trascorre le sue giornate nel suo appartamento polveroso alla ricerca di una qualche idea per il suo libro. E’ un libro che ancora non esiste ma, come nella migliore tradizione americana, ha già un agente letterario disposto a leggerlo e, magari, staccargli un bell’assegno. Eppure il blocco dello scrittore si fa sentire. Si arrabatta dalla mattina alla sera per buttare giù quattro righe: il tempo passa ma niente. Sarà colpa del suo matrimonio fallito di qualche anno prima? Come se non bastasse, la sua attuale fidanzata, classica biondina USA in style Hilary Clinton da giovane, tutta presa dalla carriera, lo pianta di punto in bianco.
La svolta appare un giorno nelle sembianze del suo ex-cognato: uno simpatico pusher che gli offre, gratis, una pillola capace di risollevargli le sorti. Morra, inizialmente scettico, decide di testare su di sé la famosa pillolina color ghiaccio. I risultati non si fanno attendere: nel giro di pochi minuti riesce ad irretire la moglie asiatica del suo locatore, ad aiutarla a scrivere un saggio di giurisprudenza sulla Corte di Appello Statunitense o qualcosa del genere e, colpo finale, portarsela a letto. Touché direi.
Intanto Morra scopre che, a fronte di un consumo sempre maggiore di pillole, le sue capacità di apprendimento risultano sempre più incredibili: in poco tempo scrive e finisce il suo famoso libro che, nemmeno a dirlo, viene adorato dalla casa editrice; impara a suonare il piano in due giorni; apprende lingue che ha sentito una sola volta; la timidezza scompare, la sua personalità diventa aperta e piacevole agli occhi della swinging New York anni Duemila. Morra studia anche i meccanismi della finanza e suscita gli interessi dei giganti della borsa di Wall Street. Tra questi c’è De Niro, che tra Machete, Manuale d’Amore 3 e Ti Presento i Miei 3 ha avuto anche il tempo di recitare in questo thriller, forse nella pausa pranzo. Inutile dire che la scalata di Morra ai vertici della borsa appare inarrestabile e la simpatica biondina che l’aveva piantato torna con lui (strano ma vero).
Un giorno però, le cose iniziano a complicarsi: le pillole scarseggiano, Morra viene accusato di uno strano omicidio di cui nemmeno lui riesce a capirci qualcosa, usurai russi e un vecchio ma inaspettatamente atletico scagnozzo gli sono alle costole per impossessarsi delle pillole, ancora “sconosciute” al grande pubblico. Il resto sono inseguimenti, qualche battuta di spirito, spari, skyline, paesaggi, belle donne, macchine e piscine.
Elemento caratterizzante – come del resto molti altri film made in USA – è il monologo del personaggio principale, che fin dalla primissima scena si presenta in prima persona. Buone le scene utilizzate nella sigla e in altre parti ‘lisergiche’ nel corso del film, ottenute con effetti sorprendenti e un po’ da mal di mare.
Forse la cosa che stupisce maggiormente è la mancanza di una morale ben precisa contro le droghe. A maggior ragione in un tipico movie americano, dove in genere la morale di cosa va e non va fatto è sempre ben sottolineata dagli autori. In Limitless non appare nessuna condanna al consumo della droga in questione: sebbene nel corso del film ci si aspetti una conclusione che appunto ne condanni l’uso, la fine (che non vi dirò, tranquilli) dice tutt’altro. C’è invece la consapevolezza che il personaggio continuerà a costruirsi una carriera di successo grazie alle droghe. Criticare il personaggio per l’uso di quel ‘farmaco’ sarebbe in effetti come protestare contro Super Pippo perché mangia le noccioline magiche. Forse non proprio calzante come paragone ma rende bene, no?
Forse è proprio questo che rende Limitless qualcosa di fresco e piacevole, un po’ impertinente: la consapevolezza di sfidare la nostra aspettativa di prevedibilità della morale. E, probabilmente, il pubblico italiano, meno bacchettone di quello americano su temi del genere affrontati al cinema, saprà distinguere la realtà dalla fantasia, sebbene il consumo di smart drugs stia effettivamente conquistando sempre più consumatori proprio tra intellettuali e professionisti, specialmente in USA.
In definitiva Limitless non è un capolavoro, ma un sincero action movie, forse un po’ da home video. Attori decenti, buoni effetti speciali e colonna sonora azzeccata e psichedelica quanto basta.
Scritto da Massimiliano Lollis.
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