I Toni dell’Amore: la recensione
Ben e George stanno insieme da 39 anni. Il primo è in pensione e ama dipingere, il secondo insegna musica in una scuola cattolica di New York. Raffinati, colti, amanti delle cose belle ma non del lusso, vivono alla luce del sole la loro relazione esclusiva, circondati dall’affetto di amici e parenti, allievi e colleghi. Un idillio che viene finalmente coronato con il matrimonio, grazie alla nuova legge che consente loro di poterlo fare. Come spesso accade, però, il matrimonio sarà l’inizio di tutti i loro guai. Ma in questo caso non si tratta di mancanza d’amore, rispetto reciproco o volontà di condividere le proprie vite. La scuola cattolica, pur conoscendo la situazione sentimentale di George, decide di licenziarlo a causa del matrimonio gay, contrario alle regole del fedele, e con una sola pensione, gestire il bell’appartamento di Manhattan diventa troppo oneroso. Nessun parente ha una stanza per poterli ospitare insieme e così, dopo 29 anni, Ben e George si devono separare andando a vivere ognuno dal proprio nipote. La legge è dalla loro parte, la società pure, almeno sulla carta, i parenti fanno quello che possono, ma Ben e George si ritrovano soli, anziani e pieni di rimpianti privati. Non è facile cambiare la propria routine quotidiana in tarda età, così come non è facile condividere il proprio spazio con altri, seppur cari.
Ira Sachs, con questo ritratto intimo e privato, torna sul territorio a lui particolarmente affine, del ritrattista di vite. Come in Keeps the Lights On era riuscito a raccontare, senza pietismi e moralismi, una storia d’amore autobiografica, condizionata dalla dipendenza di droghe e rapporti occasionali, qui riesce a pennellare una coppia che invecchia, ma continua a provarci in tutti i modi. La sua sceneggiatura, scritta ancora a quattro mani con Mauricio Zacharias, sceglie i momenti perfetti della vita di Ben e George, dipingendone la vita e permettendo allo spettatore di dedurne il quadro più ampio. Alfred Molina e John Lithgow, attori sempre bravissimi e raramente protagonisti, si calano alla perfezione nei loro ruoli, donando alle pennellate del regista una carica umana malinconicamente gioiosa. In America si sono fatti i loro nomi per l’Oscar, e da queste parti ne saremmo particolarmente felici. Il ritratto di questo amore è commovente ma non lacrimevole, rappresentato ma mai fasullo, leggero ma per niente frivolo. Love is Strange (scusate, ma il titolo italiano I toni dell’amore è davvero fuori luogo), l’amore è strano, folle, bellissimo, e a differenza che nei film, nella vita è spesso un quadro incompiuto. Almeno, quando funziona.
Scritto da Sara Sagrati.
Sara S. | ||
7 1/2 |
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