Laurence Anyways e il desiderio di una donna…: la recensione
È la storia d'amore la vera protagonista di questo racconto transgender di Xavier Dolan
A quattro anni dalla sua presentazione, sbarca in Italia Laurence Anyways, il terzo film di Xavier Dolan. Aveva 23 anni, Dolan, quando con questo film ha vinto la Queer Palm al Festival di Cannes del 2012. Niente di strano, visto che le opere del regista canadese sono state premiate quasi tutte, specialmente a Cannes. Non fatevi ingannare dal titolo italiano, Laurence Anyways e il desiderio di una donna…, che – sarà per la scelta dei termini, sarà per quei tre puntini – potrebbe essere scambiato per un porno soft.
Laurence Anyways non è un film porno, né un film erotico; e non è neanche una stranezza. È un film melodrammatico, invece; e, come tale, fa bene a concedersi qualche eccesso, che ne movimenta il racconto: ben venga il suo gusto pop coloratissimo, o l’alternanza tra le scene di dialogo e quelle fortemente cinematografiche, dove i personaggi fluttuano al rallentatore tra gli snodi drammaturgici che mandano avanti la storia. È una storia d’amore, Laurence Anyways. Un amore da film, vissuto da personaggi istrionici, urlanti, entusiasti: sono Laurence e la sua compagna Fred, coppia eterosessuale gaudente e spensierata. Hanno i volti di Melvil Poupaud, secco ed espressivo, e di Suzanne Clément, premiata per questo ruolo a Cannes, e diretta ancora da Dolan in Mommy. Sono due personaggi affascinanti e tempestosi, alle prese con una trasformazione che travolge la loro vita: Laurence annuncia a Fred di non poter più vivere nei panni di un uomo. Inizia così la sua transizione, raccontata da Dolan con delicatezza, tenendo la messa a fuoco fuori dalle mutande di Laurence.
Come anticipato, questa è una storia d’amore. La presa di coscienza di un’identità transgender è il suo tema; ma la vera protagonista è la relazione tra i due personaggi. Dolan costruisce una storia monumentale: tre ore di film, che percorrono dieci anni di vita di Laurence e Fred. Ci sono gioie e dolori, lacrime e sangue. La rivoluzione personale, Laurence che scrive versi di Libertà di Paul Éluard sui muri; e poi tutte le sfumature dell’accettazione, riuscita e mancata, da parte del prossimo. È un film variopinto e sincopato, che tramortisce con parole e voci, ma che a tratti si ferma per indugiare, assieme ai personaggi, sulle loro incertezze e i loro desideri. Dolan racconta una storia d’amore folle proprio per comunicare l’importanza della scelta di Laurence, che è disposta a mettere in pericolo qualcosa di straordinario, per vivere pienamente la propria identità.
È un racconto transgender che, pur percorrendo alcuni cliché narrativi tipici, riesce a tenersi lontano dal luogo comune e a non abusare dei personaggi; anche se Dolan aderisce alla tendenza generale di scegliere attori maschi cisgender per l’interpretazione di donne trans. Laurence Anyways è un mélo che alcuni accostano ad Almodóvar e Fassbinder, ma che ha impressa la cifra stilistica del suo autore, che a meno di trent’anni ha raggiunto uno status già paragonabile a quello dei mostri sacri.
Sara M. | ||
7/8 |
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