Live Bait è uno di quegli episodi capaci di mettere in crisi anche i più ottimisti fan di The Walking Dead e gli strenui difensori della nuova linea-Gimple. Perché celebra sì il ritorno del Governatore con un episodio tutto incentrato sulla sua figura e sulle vicende che lo hanno coinvolto a partire dal collasso dell’enclave di barbarica armonia di Woodbury, ma operando un rovesciamento radicale: da sadico genio del Male a uomo solo, schivo e taciturno, capace di genuini gesti di altruismo. E infine patrigno amorevole. Ma che direzione sta prendendo la serie in questo modo? E dove mai può portare?

Nella puntata vediamo quindi il Governatore, allo stremo delle forze, trovare riparo in un casa, accolto da una famiglia di superstiti; qui stringere legami, rimettersi in forze, insegnare a malincuore cosa significhi affrontare l’orrore rimasto sino a quel momento miracolosamente al di fuori delle mura domestiche. E alla fine prendersi totalmente carico di loro, una volta partiti per nuove mete (perché poi abbandonare quel luogo rimasto sicuro per tanto tempo resta un mistero), unica guida e punto di riferimento, come un tempo per i cittadini di Woodbury.

Il fatto è che il tocco di Scott M. Gimple, che aveva rallentato la narrazione negli episodi passati e permesso un certo approfondimento della psicologia dei personaggi e delle questioni sottese al nuovo universo post-apocalittico, in questa puntata si spinge troppo in là. O meglio, porta all’estremo il clima intimistico e “umano” delle ultime vicende di Hershel, Carol, e Rick, proprio col personaggio che sino ad ora aveva rappresentato il polo più negativo della serie e in questo modo sembra privarla del principale motore dell’azione. Qual è l’intento? Incoraggiare un avvicinamento empatico? Svelare l’umanità nascosta anche nel più temibile e apparentemente amorale degli uomini? Ma così, se gli zombie sembrano sempre più innocui e anche gli uomini in fondo sono tutti creature fragili, in cerca di uno scopo a cui appigliarsi, di che cosa si deve aver paura se non di se stessi?

Il che concettualmente non fa una piega e Gimple dimostra ancora una volta di aver ben chiare le idee su cosa sia per lui The Walking Dead e in che direzione lo voglia portare. Ma in cosa si traduce per lo spettatore? Nel caso di Live Bait in 40 minuti di noia e ulteriori rielaborazioni di tematiche già viste – il confronto con la zombieficazione di persone care, la necessità di munirsi di una corazza di risoluto pragmatismo. E il tutto, oltre a sembrare vagamente inverosimile (un vecchio asmatico, due donne e una bambina che non hanno mai subito un attacco né hanno mai visto una trasformazione, né hanno ancora capito come uccidere uno zombie), suona anche come mero pretesto per introdurre questo cambiamento forzato del personaggio del Governatore.

Se a questo motivi di perplessità si aggiunge l’imbarazzante sequenza di apertura, sulle note di The last pale light in the west, resta veramente poco a cui appigliarsi. Forse la speranza che tutta questa riflessione sia propedeutica a nuovi e più interessanti sviluppi e che presto si torni ai livelli di tensione minimi per evitare il colpo di sonno improvviso. O si finirà per dare ragione a chi in TWD non vede altro che una soap opera con qualche zombie.

Scritto da Barbara Nazzari.

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