The Walking Dead 4×16: la recensione
Il finale della quarta stagione di The Walking Dead si intitola A – quasi a voler segnare, infine, un nuovo inizio – ed è diretto da Michelle MacLaren e scritto da Scott M. Gimple e Angela Kang.
Un cancello si apre, è quello della prigione: l’episodio si apre infatti con un flashback (il primo di quattro, distribuiti nell’arco della narrazione), collocabile circa all’inizio della stagione (è ancora vivo l’occhialuto Patrick), quando nel carcere tutto sembra andare per il meglio e i personaggi (Hershel in primis) iniziano a vagheggiare un idillio contadino, tra agricoltura e allevamento, senza armi sempre a portata di mano, poi rivelatosi sogno irrealizzabile. È un ricordo di Rick; e sul suo sguardo allucinato, la narrazione torna in medias res, dopo che qualcosa sembra essere andato storto.
Un salto indietro e prosegue il viaggio verso Terminus di Rick, Carl e Michonne; viaggio interrotto dall’entrata in scena del gruppo di Joe, del quale fa da poco parte anche Daryl. E durante lo scontro tra i due fronti avviene la rottura: mentre uno dei “cacciatori” tenta di violentare Carl, Rick morde alla gola lo stesso Joe, uccidendolo. L’uomo “si trasforma” in zombie: deve diventare egli stesso “azzannatore”, se vuole sopravvivere in un mondo di “uomini” fuori controllo; e deve sopravvivere per salvare suo figlio (e il suo onore), la sua eredità al mondo, pugnalando più volte con ferocia il laido stupratore. Il risultato delle sue azioni è però ambiguo: i nostri eroi hanno la meglio e spazzano via il gruppo di Joe, ma Carl – certamente ancora sotto shock per la (solo tentata o anche consumata?) violenza subita – sembra non riuscire più a guardare il padre con gli stessi occhi.
Il morso di Rick segna il punto di non ritorno verso l’utopico mondo di Hershel, che, così come il suo profeta, non può rivivere. Rick e Daryl sono ormai fratelli (parole del capo) e Michonne, la quale aggiunge un tassello alla sua storia personale, rientra sempre più nei contorni della figura materna per Carl (ancora frequenti sono gli intimi dialoghi tra i due, forse l’unico punto debole della sceneggiatura, ma solo talora nelle parole del ragazzo). Infine, la nuova famiglia giunge alla sua destinazione, al suo terminus ad quem. Naturalmente, non è il Paradiso sperato, promesso dai cartelli che ne indicano la strada e vagheggiato da tutti i personaggi erranti. E Rick sembra già saperlo (ormai non c’è più posto in lui per pensieri positivi), nel momento in cui decide di nascondere una borsa piena di armi sotto terra (perché “non si sa mai”), come precauzione, prima di entrare di nascosto da un ingresso secondario.
I quattro si ritrovano così in un capannone da cui viene trasmesso il segnale radio (già captato precedentemente), che invita i sopravvissuti a dirigersi appunto lì, a Terminus. Il leader sembra essere un tale Gareth, gentile, troppo gentile. Dopo una calorosa accoglienza, l’ex sceriffo nota infatti alcuni dettagli nell’abbigliamento dei cittadini che fanno scattare in lui la scintilla che contraddistingue il capo (Rick è in tutto l’episodio decisamente centrale, e torna a essere figura interessante e protagonista indiscutibile): ha inizio il secondo scontro del season finale, ma questa volta i quattro subiscono il fuoco dei cecchini appostati sui tetti, i quali non sembrano però intenzionati a ucciderli, bensì solo a indirizzarli verso il loro inevitabile destino.
La fuga attraverso Terminus permette una carrellata su una serie di dettagli: ossa e cadaveri divorati per terra, alcuni vagoni da cui provengono richieste di aiuto, una sala illuminata solo dalla luce delle candele sparse sul pavimento e contrassegnata da alcune scritte sui muri (“Never again”, “Never trust”, “We first, always”), ancora ossa scarnificate sparse per terra: l’ombra del cannibalismo si fa avanti, e chi segue il fumetto lo sa, ma il primo vero atto di antropofagia è stato significativamente Rick a mostrarlo, con il suo morso. La fuga prosegue fino a un vicolo cieco. La lettera A del titolo è quella che contrassegna un vagone, dove i malcapitati vengono fatti salire (alla base dei gradini, alcune scatole di latte sembrano voler suggerire qualcosa sulla sorte di Judith e dunque di Carol e Tyreese, mentre rimane viva l’incognita sul destino di Beth): all’interno, al buio, i quattro ritrovano il gruppo di Glenn al completo. Sull’efficace, conclusiva, minaccia di Rick si chiude la stagione; e siamo costretti dall’ennesimo cliffhanger a salutare The Walking Dead, rimanendo sulle spine fino al prossimo ottobre.
Scritto da Luca Pasquale.
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