Il terzo episodio (Field Trip, diretto da Christopher Manley e scritto da Heather Jeng Bladt e Matthew Weiner) di questa settima e ultima stagione di Mad Men ha due protagonisti, o meglio protagonista e deuteragonista, che però non si incontrano né sfiorano mai: Don e Betty. Da un lato, Draper vola da una costa all’altra per amore e per lavoro; dall’altro, l’ex moglie è (ancora) in crisi, poiché non si sente una buona madre né una donna realizzata.

È un Don Draper sempre più cambiato (che beve anche meno, come afferma lui stesso), quello che si presenta all’improvviso davanti alla macchina da presa, in un cinema nebbioso per il fumo. Deluso per i mancati aggiornamenti dallo studio newyorkese da parte di Dawn, vola prontamente a Los Angeles da Megan, spronato dal preoccupato agente di lei Alan Silver, per sostenerla e far sì che non perda la fiducia in se stessa (dopo uno sfortunato incontro con Rod Serling; sì, quello di The Twilight Zone). Ma è solo l’inizio di quella che potrebbe essere la fine del loro matrimonio: “la verità rende liberi”, si è soliti affermare; e in effetti la rivelazione di Don alla moglie sulla sua “pausa lavorativa” sembra renderlo definitivamente libero da un matrimonio a distanza, coast to coast, che non aveva mai convinto né noi né lui. Megan lascia Don, comunque mai così affettuoso: dopo essere volato da lei per darle sostegno, in seguito si dimostra sinceramente pentito per averle tenuto nascosta la verità.

Poi Betty. La donna sembra voler all’improvviso costruire, forzatamente, un rapporto affettuoso e amichevole con il figlio, accompagnandolo in pullman in una gita in campagna; salvo poi rovinare la giornata a causa di una sua ingenuità (il bambino scambia il panino della madre per delle caramelle). La linea narrativa che segue Betty non aggiunge nulla di nuovo alla sua storia, alle sue nevrosi e insoddisfazioni, né ai suoi poco felici rapporti familiari. Potrebbe, però, essere significativa la reintroduzione del personaggio nello stesso episodio in cui il secondo matrimonio di Don sembra fallire e finire definitivamente, come ad aprire a un possibile riavvicinamento tra i due, la cui rottura non è mai stata risolutiva.

Nello studio di New York prosegue nel frattempo, senza sosta, il lavoro: telefoni che squillano, clienti poco soddisfatti, soliti screzi, tutto con un occhio al futuro, inevitabilmente sempre più aperto ai new media e ai computer, con tutto il sostegno del giovane Harold Crane. Ma la vera novità arriva per tutti inaspettata il lunedì mattina: dopo aver avuto il “via libera” da Roger, Don si presenta in ufficio, pronto a ricominciare a lavorare per lo Studio. Spaesamento e imbarazzo travolgono sia i colleghi, sia lo stesso Don, il quale intuisce che nessuno è stato avvisato del suo arrivo, né tantomeno del suo possibile reintegro. E se da un lat, viene accolto con una certa spensieratezza ed entusiasmo dai giovani Michael e Stan, dall’altro viene liquidato con freddezza da Peggy e Joan, alle quali di certo il vecchio capo non è mancato. Solo Roger, che arriva in ritardo e ubriaco, riesce a convincere tutti che il “genio” (parole sue) Don deve essere ricollocato al suo posto, se si vuole tornare a far splendere lo Studio come un tempo (l’antipatico sostituto Lou non piace a nessuno, ammettiamolo).

Don riprende così il suo impiego, ma solo ad alcune condizioni (niente alcol, nessuna libertà con i clienti e poi quella che probabilmente sarà la più difficile da rispettare, ovvero rendere conto delle sue mosse a Lou); restrizioni alle sue scelte e alle sue decisioni che vengono con apparente serenità accettate dall’uomo nuovo, disposto a tutto pur di tornare a lavorare, con un lapidario, ma sotto sotto soddisfatto, “Ok”. E di certo soddisfatti siamo anche noi, mentre attendiamo ulteriori sviluppi in questa – purtroppo breve – prima parte di stagione.

Scritto da Luca Pasquale.

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