“Machete non twitta”, ma il tempo passa. A distanza di tre anni, Robert Rodriguez ritrova Danny Trejo per la seconda avventura del cazzutissimo e vendicativo antieroe messicano, ancora più sconclusionata della precedente. In questa occasione, Machete riceve dal Presidente degli Stati Uniti in persona il compito di eliminare un terrorista fanatico e fuori di testa, dietro il cui spauracchio si nasconde una minaccia ben più preoccupante (vi ricorda qualcosa?).

A differenza del rigoroso collega Tarantino, Rodriguez non si prende mai sul serio, e parte dagli exploitation movies degli anni Settanta per poi gettare nel calderone idee e spunti da quarant’anni di cinema d’azione, dalle saghe classiche di James Bond e Star Wars ai cinecomics come Iron Man e G.I. Joe, fino alla catarsi di Gravity. Con uno spirito goliardico che colloca il film più vicino alla parodia demenziale à la Hot Shots che all’omaggio cinefilo (scelta confermata dalla presenza del ritrovato Charlie Sheen, per la prima volta con il vero nome Carlos Estevez, nella parte di un ottuso Presidente americano), il regista sembra anche guardare alle produzioni della Asylum, per la voluta povertà degli effetti digitali e la connotazione sempre più trash della vicenda.

Accantonando quasi del tutto la morale terzomondista e i risvolti di denuncia sociale del prototipo (qui circoscritti alla rappresentazione di un muro divisorio al confine con il Messico), Rodriguez preme sul pedale del grottesco e dell’esagerazione, ma il risultato è davvero deludente. Le sequenze paradossali e le battute fulminanti, che nel primo Machete erano ben distribuite all’interno di uno script solido, si accumulano in quantità eccessiva e senza lasciar traccia, sommerse dal caos generale e ormai prive dell’effetto sorpresa. Le buone premesse della prima parte (incentrata sul personaggio di Mendez, che un gigionesco Demian Bichir ritrae in tutta la sua schizofrenia) sfumano in una seconda parte che vira sulla fantascienza, ma risulta assai fiacca e ripetitiva, con un Mel Gibson visibilmente divertito, ma poco divertente, come villain megalomane di turno.

La caratterizzazione, in generale, lascia molto a desiderare: personaggi dal buon potenziale come il bounty-killer trasformista El Camaleon (nella cui interpretazione si alternano ben quattro attori diversi, fra i quali una delirante Lady Gaga al suo esordio nel cinema) non sono sfruttati a dovere, e le varie pupe coinvolte nella trama perdono il confronto con quelle del prototipo (fra la dominatrix dalle coppe assassine di Sofia Vergara e l’odiosa reginetta di bellezza di Amber Heard, a uscirne vincitrice come carisma è ancora la monocola Michelle Rodriguez, dalla partecipazione comunque troppo breve). Lo stesso Machete, icona perfetta dell’exploitation, assume sempre più connotati da supereroe, ma l’età avanza irrimediabilmente sul volto grintoso e monoespressivo di Danny Trejo.

A giudicare dal finale, e dal finto trailer che apre e chiude il film, ci sarà un seguito, Machete Kills Again in Space, di ambientazione cosmica e ormai del tutto sganciato dal contesto messicano. Basterà per dare nuova linfa alla saga, o si ridurrà tutto a un epigono trash di Balle spaziali?

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Edoardo P.Leonardo L.
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