In Internment prima non succede nulla (di nuovo), poi succede di tutto. L’episodio è scritto da Channing Powell e diretto da David Boyd, già diverse volte dietro la macchina da presa, soprattutto nelle prime due stagioni della serie; e se nella prima parte i tempi sono dilatati, lenti, la narrazione quasi noiosa, nella seconda la situazione degenera in una sequenza narrativa claustrofobica e adrenalinica, comunque sempre nei canoni stilistici del serial.

Una doppia decimazione contraddistingue l’ennesimo episodio “senza infamia e senza lode”: quella interna al carcere, nelle celle in cui sono chiusi i malati, più o meno agonizzanti, che finiscono inevitabilmente con il trasformarsi; e quella esterna, ovvero la carneficina messa in atto da Rick e dal figlio Carl, sempre più determinato a partecipare ai “lavori da adulti” e a cui finalmente il padre dà fiducia – e fortunatamente, poiché l’aiuto del figlio è determinante in un paio di occasioni. Gli erranti sfondano infatti la recinzione e ai due non resta altro che impugnare le armi da fuoco e sterminare l’esercito di cadaveri che avanza implacabile.

I due massacri si distinguono anche per le modalità di esecuzione: all’esterno avviene un vero e proprio sterminio di massa; nel carcere c’è invece spazio, anche e ancora, per un po’ di umanità: si pensi alla sempre più inquietante (gioca con il piede sul sangue vomitato da Glen) piccola Lizzie, che sembra affezionarsi agli zombie, trattandoli come umani e chiamandoli per nome; o ancora una volta al vecchio Hershel, che non vuole uccidere gli erranti davanti agli occhi dei malati, per non turbarli, poiché anche loro potrebbero da un momento all’altro subire la stessa sorte (anche la macchina da presa qui rimane distante, e gli zombie vengono uccisi fuori campo).

La regia di Boyd è inoltre molto attenta ai dettagli: dalle foglie trascinate dal vento, nella prima inquadratura, mentre Rick è in auto e sta rientrando dopo aver abbandonato Carol, nel finale dell’episodio precedente (rispetto al quale Internment inizia rispettando la continuità narrativa), all’orologio sul sedile dell’auto, dal sangue calpestato da Lizzie fino ad arrivare, nell’epilogo, ai fagioli – nuova vita che nasce – appena raccolti da Rick, che li offre al figlio.

The Walking Dead sembra inoltre iniziare ad autocitarsi (può forse finalmente permetterselo), senza neanche troppo autocompiacimento: la sequenza iniziale dell’auto di Rick, che corre lungo la strada e passa di fianco a un cadavere senza gambe, divorato da cani randagi, pare rimandare alla simile sequenza conclusiva di Clear, uno dei migliori episodi dell’intera serie.

Viene più o meno liquidata la “questione Carol”: Rick fornisce frettolose spiegazioni a Maggie, che sembra condividere la sua dura decisione; ma il discorso è solo rimandato, perché si attende la reazione di Daryl e, in caso la donna ritorni, quella di Tyreese.

Infine, ancora una volta gli sceneggiatori sembrano non voler proprio troncare l’ultima relazione sentimentale rimasta in vita nel serial: Glen, nonostante lo stato agonizzante, (purtroppo?!) non muore; viene salvato in extremis da Maggie e da Hershel (che infine crolla psicologicamente, ritrovandosi a piangere davanti alla sua Bibbia) e – viene detto in seguito – le sue condizioni di salute sembrano in miglioramento.

Il giorno dopo, riprende la routine: si fa un po’ di pulizia di cadaveri e si ricomincia a coltivare, ma l’ultima inattesa inquadratura – con la macchina da presa che compie una lieve inquietante panoramica verso sinistra – è per il Governatore, ripreso di sbieco, quasi di spalle, ma perfettamente riconoscibile dalla sua benda sull’occhio. Si sapeva che prima o poi il personaggio sarebbe ricomparso; e, se il serial seguirà la linea narrativa del fumetto, il vero inferno nella prigione di Rick deve ancora arrivare.

Scritto da Luca Pasquale.

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