Quattro anni dopo Funny People e dopo svariati lavori nel ruolo di sceneggiatore e produttore, Judd Apatow torna dietro la macchina da presa con Questi sono i 40, una sorta di spin-off di Molto incinta, incentrato sul menage coniugale di Debbie e Pete (la sorella della protagonista di Knocked up e suo marito, ai tempi sposati da poco), e firma il suo film più compiuto e maturo. Questi sono i 40 conferma infatti le già note qualità del regista/produttore ed è esente da certi didascalismi e certe lungaggini presenti nei suoi film precedenti, mostrandosi così come la sua opera più compatta, pregnante e incisiva, l’opera della maturità e della consacrazione.

Debbie (interpretata da Leslie Mann, moglie del regista; inoltre, sono le stesse loro due figlie a interpretare le bimbe di Pete e Debbie) e Pete (Paul Rudd, membro di primo piano del cosiddetto “clan Apatow“) sono arrivati al fatidico giorno delle 40 candeline, data simbolica in cui esplodono tutte le tensioni e i problemi personali e familiari, di coppia e legati al contesto, con le figlie e con i genitori. Il film racconta questa crisi totale, offrendo un ritratto amarissimo e ironico di un disagio diffuso; questo disagio va ben oltre la rappresentazione del quadretto familiare e delle sue problematiche, diventando anche una lucida ricognizione di certi aspetti sociali e culturali di più vasta portata, espressi nei loro effetti deleteri sul “privato” della vita di coppia. Così, oltre che vittime delle proprie bugie, della mancanza di reale auto-percezione, delle inevitabili incomprensioni generazionali e delle speranze tradite, Paul e Debbie sono anche vittime di mode e di correnti dominanti nel contesto sociale, capaci perlopiù di salvare la faccia all’apparenza senza aiutare nella sostanza, diventando, anzi, un ottimo veicolo per l’ipocrisia e per l’auto-assoluzione. In questo modo, non è in scena solo un disagio personale e intimo, ma diventa assolutamente legittima anche la lettura più “sociale” di questo malessere, come la storia della migliore commedia ci ha abituato.

Utilizzando una comicità al 98% verbale, Apatow accantona gli aspetti più immediatamente vicini al demenziale e si affida ai dialoghi scoppiettanti e feroci tipici della lunga e fondamentale tradizione della comicità ebraica, senza tradire certi aspetti della “stand up comedy” in cui è nato e cresciuto (del resto, anche quest’ultima figlia dell’umorismo ebraico). Gli irresistibili dialoghi irrompono regolarmente e sono portatori di una ferocia che si fa espressione e valvola di sfogo dell’infelicità, delle recriminazioni e dell’insoddisfazione dei due protagonisti.

Rendendo ancora più evidente l’amarezza sempre presente nelle sue opere, Apatow offre così una “comicità del disagio” che lo avvicina a un autore apparentemente lontano ma con cui, in realtà, c’è più di un punto in comune: stiamo parlando di Wes Anderson, insieme ad Apatow il più degno continuatore della tradizione umoristica ebraica. I due pescano nello stesso substrato culturale e rielaborano la medesima tradizione, ed entrambi – diversi per stile, costruzioni narrative e atmosfere – sembrano mossi dalle stesse esigenze, focalizzarsi su questioni simili e arrivare alle medesime conclusioni, rappresentando il disagio di chi si sente lontano e stonato dal contesto che lo circonda, usando le armi della comicità, un po’ amara, nata da questa stonatura.

Concludendo, possiamo tranquillamente affermare che Questi sono i 40 è una delle migliori commedie di questi primi tredici anni di secolo, uno dei film più riusciti (non solo di genere) di questo inizio 2013 e che ha tutte le carte in regola per entrare nella rosa dei grandi classici della storia della genere commedia.

Questo nonostante  il pubblico italiano non se ne stia accorgendo: complice solo in parte la distribuzione estiva, il film soffre del fatto di essere poco attraente per i due filoni di spettatori dominanti nel nostro paese: troppo amaro e “serio” per il pubblico da multisala del sabato sera, per il pubblico radical chic presenta invece il peccato capitale di essere comunque una commedia americana. This is 40 rimane quindi un film apprezzato quasi esclusivamente dalla nicchia di critici e di appassionati, al pari di opere più tradizionalmente d’autore e più ostiche: peccato!

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Barbara N.Chiara C.Giusy P.
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