Franca Rame non era una donna in carne e ossa, le sue membra erano fatte di teatro. La famiglia Rame, prima della sua nascita, praticava la Commedia dell’Arte nell’alta Lombardia già da almeno tre secoli, e lei nasce e cresce in questo ambiente in cui i testi sono penetrati così profondamente nella mente degli attori da non servire più, sostituiti da canovacci su cui improvvisare.

Franca Rame sentiva a pelle se un testo funzionava oppure no, perché i meccanismi, i ritmi e i suoni della scena l’avevano sempre abitata. Questo non significa che dietro all’istinto non ci fosse un continuo lavoro intellettuale di approfondimento e di messa in discussione, ma alcuni pilastri del teatro li aveva inoculati dentro di sé dall’infanzia e aveva continuato a rifecondarli durante la sua vita anche con l’autoironia e il distacco critico.

Affascinante a tal proposito un passo di Manuale Minimo dell’Attore, scritto da Dario Fo e a cura della Rame stessa, in cui l’autore segnala che le donne devono cercare di non cadere nel facile costume del piagnucolare, e prendere invece l’iniziativa. In questo passo, che nel libro si colloca alla fine della Prima giornata ed è intitolato Vietato piangersi sulle mani, Dario Fo chiede alla moglie un’opinione sull’ultimo testo teatrale che aveva appena finito di comporre. Franca Rame, dopo un’attenta lettura, aveva dichiarato che il testo non la convinceva, destando così grande irritazione da parte dell’autore, il quale pretendeva, a questo punto, una spiegazione su che cosa esattamente non funzionasse. La nostra artista si mise a studiare i materiali di partenza e il testo finale, arrivando dopo venti giorni a una puntuale e profonda critica del testo drammatico, costringendo Dario a prendere atto della propria imperizia e a ricominciare daccapo. Neppure la nuova stesura risultava però convincente, e di fronte alla nuova critica negativa Dario andò su tutte le furie, successivamente spente di fronte alle nuove e puntuali osservazioni avanzate dalla signora Rame.

Il teatro di Franca non si posava solo sull’istinto, anche se di quello ne aveva in abbondanza, ma pure su di una capacità critica propositiva che forse le veniva dall’importanza attribuita alla trasformazione e all’ironia, due caratteristiche profondamente legate alla tradizione della Commedia dell’Arte.

Franca Rame era una guerriera che non si tirava indietro di fronte alle sfide, che si metteva in discussione, che lottava per ciò in cui credeva, a volte pagandone le conseguenze in prima persona: basti solo ricordare lo stupro subito il 9 marzo 1973, quando cinque uomini, appartenenti agli ambienti dell’estrema destra, la caricarono su un furgoncino e abusarono di lei a turno. Dalle dichiarazioni di Biagio Pittaresi, appartenente all’estrema destra milanese di quegli anni, sembra che l’atto fosse stato “ispirato” dai vertici della Divisione Pastrengo dei Carabinieri. Sfortunatamente il procedimento penale si concluse nel 1998 con la prescrizione del reato.

Un personaggio che era impossibile non amare, una forza da cui trarre ispirazione che ci ha lasciato moltissimo su cui poter riflettere. La sua morte, il 29 maggio a Milano, è solo parziale perché in realtà la sua forza vitale ci accompagnerà a lungo.

Scritto da Anna Silvestrini.

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