Silent Hill, film del 2006 diretto da Christophe Gans e interpretato da Radha Mitchell e Sean Bean, narra la vicenda della piccola Sharon, una bambina soggetta a forti attacchi di sonnambulismo, e ossessionata dalla cittadina di Silent Hill, dalla quale proviene. Alla disperata ricerca di una cura, e contro il parere del marito Christopher, la madre adottiva Rose decide di riportare la bimba al paese d’origine, ma appena giunte a destinazione, Sharon scompare, e Rose si ritrova a vagare in una città fantasma popolata da strane presenze…

Nell’adattare per il cinema l’omonima serie di videogiochi survival-horror della Konami, il canadese Christophe Gans (Crying FreemanIl patto dei lupi), sembra riuscire là dove il collega Paul W. K. Anderson aveva fallito con la saga di Resident Evil, e dà vita ad una delle migliori trasposizioni videoludiche di sempre. Attingendo ai primi due capitoli della serie, specialmente al primo, del quale ripropone in parte la trama, le ambientazioni e alcuni personaggi umani, ma anche al secondo (per quel che riguarda i mostri), Gans si concede molte licenze dalla storia originale, ma si dimostra abile nel riprodurre sullo schermo quell’atmosfera misteriosa e inquietante che ne aveva decretato l’enorme successo, a cominciare dalla colonna sonora, la stessa del videogioco, composta da Akira Yamaoka.

A una perfetta resa delle immagini, dovuta anche ad una pregevole fotografia con largo utilizzo di filtri, e a effetti visivi digitali di ottimo livello ma mai troppo invadenti, purtroppo non corrisponde altrettanta eccellenza sul piano narrativo: la sceneggiatura del prestigioso Roger Avary – co-autore dello script di Pulp Fiction e regista di Killing Zoe – risulta infatti esageratamente intricata nel destreggiarsi fra i vari piani di realtà in cui si svolge la vicenda, salvo poi trovare una soluzione fin troppo facile nell’ultima parte, con un flashback – ambientato nel 1974 e girato con macchina a mano con lo stile di quel tempo – che più spiegone non si può. Alcuni personaggi già presenti nel gioco, come la scrupolosa poliziotta Cybil Bennett interpretata da Laurie Holden, o la sciagurata peccatrice Dahlia Gillespie, che ha il volto sofferente di una sfiorita Deborah Kara Unger, risultano in parte ridimensionati rispetto alla controparte videoludica, facendo storcere il naso ai fan più puristi.

Ciò non cancella, comunque, i meriti di un’opera affascinante, debitrice di certo cinema horror del passato (se la storia presenta più di un punto in comune col classico The Wicker Man, l’iconografia tutta sangue e catene dei mostri richiama alla mente la saga di Hellraiser), e non priva di spunti critici verso i rigurgiti di fondamentalismo religioso dell’America profonda, qui rappresentati dalla feroce setta di cacciatori di streghe guidati dalla fanatica Christabella (un’istrionica Alice Krige). Avrebbe meritato maggiore spazio, forse, l’iconico mostro Pyramid Head, terrificante e grottesca personificazione di una cieca violenza perpetrata nel nome di Dio, ma più simile, nelle sembianze, a una creatura infernale.

Dignitosa, tuttavia non eccezionale, la prova recitativa di un cast quasi completamente al femminile, guidato da una Radha Mitchell dall’aria perennemente sconvolta, e nel quale trova il suo spazio, in mezzo ad attrici navigate, la giovanissima, ma già inquietante, Jodelle Ferland. La sola presenza maschile degna di nota è il marito della protagonista, impersonato dal sempre professionale Sean Bean.

Accolto alla sua uscita da un grande successo al botteghino, ma recepito dalla critica con diffidenza, a tutt’oggi non sfigura accanto a più blasonati cinecomic, dimostrandosi in grado di interessare anche il pubblico a digiuno di PlayStation. Il seguito, Silent Hill: Revelation (leggi la recensione QUI), annunciato nel 2010, è in uscita a fine ottobre 2012, in 3D.

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Alice C.Giacomo B.
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