Quattro sicari professionisti – lo Straniero (Michael Blain-Rozgay – Faster), il Nero (Ernest Anthony – Pride), il Bianco (Shane Woodson – Cain and Abel) e l’Indiano (Jose Andrews – Techqua Ikachi: Aboriginal Warning) – vengono assoldati da un misterioso committente (Michael MadsenLe iene, Kill Bill), per eliminare dei narcotrafficanti al momento di un incontro al vertice. Una volta eseguito il compito, trovano sul posto due ragazzine, destinate ad uno scambio e testimoni del massacro, ma decidono di risparmiarle. Alle prese con una situazione per loro insolita e braccati dai loro mandanti intenzionati a farli tacere per sempre, i quattro rivelano un’attitudine paterna fino ad allora sconosciuta, e si battono con tutte le loro forze per portare le piccole al sicuro.

Piccolo film a basso costo, diretto da un oscuro esordiente di origine mediorientale, Parviz Saghizadeh, Road of No Return è un noir di fattura decisamente mediocre, pieno di difetti e poco originale, ma non del tutto privo di spunti interessanti.

Se la storia ricalca, per molti versi, Léon di Luc Besson, moltiplicando per quattro la figura del killer che trova la redenzione di fronte all’innocenza di una bambina, la principale fonte di ispirazione dal punto di vista registico è Quentin Tarantino. Questa è evidente a cominciare dalla scelta della location (il polveroso e pericoloso confine fra Stati Uniti e Messico) e degli attori (oltre a Madsen figura anche David Carradine, indimenticabile cattivo di Kill Bill, nel ruolo del capo dell’organizzazione che assolda i quattro killer), passando dal fatto che i protagonisti sono costretti a celare le loro identità dietro pseudonimi come Le iene (in questo caso, legati alla loro appartenenza etnica) e finendo alla scomposizione temporale del racconto e alle dosi massicce di umorismo nei dialoghi. Ma, a differenza dei citati prototipi, risulta poco fluida la sceneggiatura, mal bilanciata l’alternanza fra le sequenze violente, o altamente drammatiche, e i siparietti grotteschi (affidati soprattutto alle cialtronerie razziste del Bianco e all’invadente e dispotica madre di quest’ultimo, interpretata da Sandy Kanan), e, infine, riuscita solo in parte la caratterizzazione dei personaggi (il ritratto più convincente è quello dello Straniero, ex studente universitario mediorientale divenuto assassino dopo aver subito la tragedia della guerra).

Parte della responsabilità della cattiva riuscita del film è da attribuirsi al cast, composto da attori pressoché sconosciuti e privi del carisma necessario per sostenere il ruolo dei protagonisti (l’unico con un po’ di esperienza è il comico Shane Woodson), e da un paio di veterani dalla faccia giusta, ma decisamente sottoutilizzati: nonostante siano lontani i fasti delle precedenti collaborazioni con Tarantino, nelle poche sequenze in cui sono presenti, Madsen e Carradine rubano comunque la scena ed è a loro che sono affidate le battute migliori, interpretate con la consueta, elegante, professionalità.

E’, comunque, riduttivo considerare Road of No Return un exploitation-movie, dato che siamo in presenza di un film che ha la pretesa di toccare anche le corde dei sentimenti, affidando alle bambine il ruolo delle redentrici; quelle dell’impegno sociale, dando ai quattro protagonisti, inizialmente ostili fra di loro perché condizionati da pregiudizi razziali, l’opportunità di scoprire, oltre all’istinto paterno, anche una certa, rude, solidarietà reciproca; quelle della denuncia civile, quando si mostrano gli eccessi della guerra alla droga, condotta dalle agenzie governative con metodi analoghi a quelli della malavita. Il finale è catartico e non disprezzabile, riscattando in parte gli squilibri e le incertezze della trama, ma non è sufficiente a riabilitare un’opera che soffre troppo della mancanza di personalità, sia nella regia che nella sceneggiatura, oltre che di un budget risibile.

Distribuito nelle sale americane in poche copie, è uscito in Italia direttamente in DVD, spacciato per un film che vede come protagonisti Madsen e Carradine, poco dopo la misteriosa e tragica morte di quest’ultimo.

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